Scorie - La nuova corsa alle armi con il debito buono

Al sempre più probabile disimpegno statunitense dall'Ucraina e dalla NATO in generale, la risposta europea è stata fin qui un po' in ordine sparso, con il presidente Macron che cerca nuovamente di fare il primo della classe per recuperare un ruolo da protagonista e un po' di consenso dopo aver clamorosamente toppato volendo (e perdendo) le elezioni anticipate nel 2024.

La nuova parola d'ordine è quella di spendere (e spandere) per rendere la difesa europea indipendente dagli Stati Uniti. Non intendo in questa sede entrare nel merito del tipo di spesa che da più parti si intende fare, quanto sull'idea, tanto diffusa quanto illusoria, che indebitarsi ulteriormente non avrà conseguenze negative.

E' partita la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, con la proposta di spendere 800 miliardi, di cui 650 da parte dei singoli Stati e 150 mediante una sorta di SURE, ossia prestiti contratti dall'Unione e girati ai singoli Stati richiedenti come si fece all'epoca del Covid per contrastare gli effetti dell'aumento della disoccupazione. PEr i singoli Stati sarebbe previsto un allentamento delle regole europee, scorporando le spese miliatri dal calcolo del deficit. Cosa che fa sbavare a sud delle Alpi, come noto.

A ruota il probabile nuovo cancelliere tedesco Friedrich Merz, ha lanciato la proposta di istituire un fondo da 500 miliardi in Germania allentando le regole interne, per sostenere spese per infrastrutture e circa 45 miliardi l'anno (1% del Pil) per spese militari (la stessa percentuale che tutti dovrebbero poter scorporare dal calcolo del deficit).

Ovviamente chi ha bilanci meno scassati di altri (per esempio proprio la Germania) ha più "spazio" per incrementare la spesa a debito senza generare un effetto palla di neve e senza ricorrere ai prestiti europei, potendosi indebvitare autonomamente a tassi di interesse inferiori.

Il problema è che un aumento dell'offerta di titoli di Stato non può che generare, a parità di altre condizioni, un aumento di rendimenti, a partire dalla Germania, e a ruota più o meno pedissequamente in tutti gli altri Paesi. Sempre che la BCE non riprenda a coomprare a mani basse, trovando una giustificazione (farlocca) di politica monetaria per farlo.

Sul Sole 24 Ore, Isabella Bufacchi riassume le posizioni di chi è favorevole e di chi è scettico in merito alla svolta tedesca. PEr i primi viene tirato in ballo il "debito buono" invocato da Mario Draghi ai tempi del Covid. Scrive Bufacchi:

"E se la crescita economica della Germania, grazie al fondo per le infrastrutture e alla spesa per la difesa e a maggiori spese a livello locale e regionale, tornasse agli anni di gloria della locomotiva europea? Per il bene dell'Europa, e non solo per l'euro e per l'eurozona, lo scenario migliore sarebbe proprio quest'ultimo: in attesa che una politica fiscale unica europea, un mercato dei capitali unico europeo, una politica della difesa unica europea portino alla creazione di un mercato di safe assets europei."

Se fosse così, non si vede per quale motivo non farlo sempre e in via continuativa. Di certo ci saranno beneficiari, per esempio le imprese che forniranno questi armamenti e che parteciperanno ai lavori infrastrutturali. Ma l'idea che tutto si pagherà da solo è illusoria, come è stato illusorio che il superbonus in Italia si pagasse da solo. Semplicemente gli effetti negativi sono ascoppio ritardato.

E attenzione: se si finisse, come accennavo, a praticare repressione finanziaria mediante monetizzazione indiretta da parte della BCE, non sarebbe un pasto gratis. L'effetto Cantillon anche questa volta entrerebbe in scena, con buona pace del "debito buono".

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