Scorie - Che differenza c'è, in sostanza, tra politica industriale e clientelare?

Alla fine arriverà l'amministrazione straordinaria anche per Acciaierie d'Italia, ossia l'ex Ilva. La situazione sarà quindi di una società operativa in amministrazione straordinaria, affittuaria di impianti dell'Ilva in amministrazione straordinaria a sua volta dal 2015.

Il Governo ha già accordato un "prestito ponte" di 320 milioni. Che con elevate probabilità non torneranno mai indietro, come dimostrano i vari prestiti ponte ad Alitalia.

Le intenzioni del Governo sono di trovare quanto prima un (nuovo) investitore, al posto di Arcelor Mittal, per riportare l'azienda in bonis. 

Commentando la cronaca sul Sole 24 Ore, Paolo Bricco scrive:

"Non esiste alcun dogma sulla natura pubblica o privata dell'impresa. E, nella natura anfibia del nostro capitalismo in cui pubblico e privato si sono costantemente mescolati, hanno fatto entrambi molto bene o molto male. Il punto è la rapidità di esecuzione su due fronti: il fronte tecno-industriale e il fronte organizzativo-commerciale. Nessuno può permettersi una amministrazione straordinaria lunga e lancinante. Per uscire dalla amministrazione straordinaria, però, e per tornare a essere una impresa viva e vegeta (e scalciante) servono due elementi: i soldi e le persone. I soldi dovranno essere molti. E, questo, nonostante i vincoli di bilancio imposti da una spesa pubblica del governo Meloni orientata a finanziare costruttori edili e agricoltori, poco propensa a determinare budget di spesa cospicui per le politiche industriali, ancora meno per sostenere le attività manifatturiere in crisi, se non con il doping della cassintegrazione. Per il governo Meloni, quindi, il dossier Ilva è fondamentale. Anche per mostrare una attitudine vera e non clientelare ai problemi economici. I soldi devono servire a evitare la bomba atomica dei crediti cancellati nell'indotto. E devono servire per dare la base di finanza di impresa e di attivazione del circolante che è una condizione preliminare alla riaccensione delle linee del credito bancario. Le persone contano anche più dei soldi. Per questa ragione bisogna affrontare il nodo principale: chi gestisce. Volete avere la prova se il governo Meloni ha capito o non ha capito l'entità della crisi dell'ex Ilva? Basterà scorrere tutti insieme i nomi dei commissari. Se ci saranno soltanto commercialisti milanesi o trevigiani e avvocati romani o baresi, vorrà dire che il governo Meloni non ha capito. Se ci sarà un manager della siderurgia italiana di provata esperienza e di conclamata reputazione, allora vorrà dire che ha capito."

Capisco che, scrivendo per il giornale edito da Confindustria, sia quasi scontato considerare clientelari i sussidi e incentivi che non rientrino nella "immacolata concezione" della politica industriale. Che però, non di rado, per i pagatori di tasse ha le stesse manifestazioni e conseguenze.

Perché cos'altro sarebbe, in contreto, "la natura anfibia del nostro capitalismo in cui pubblico e privato si sono costantemente mescolati"?

In ultima analisi, ogni volta che si usano i soldi (presenti o futuri) dei pagatori di tasse si sta favorendo qualcuno a spese di altri, senza che questi ultimi abbiano sostanzialmente voce in capitolo.

Perché, in fin dei conti, la vera differenza tra l'impresa pubblica e quella privata, è (o dovrebbe essere) che in quella privata tra soci, dipendenti, clienti e fornitori vi sono rapporti contrattuali che si suppone siano stati stipulati volontariamente, con ognuna delle parti che assume onori e oneri derivanti dai contratti medesimi. Al contrario, nel caso dell'impresa pubblica vi è una categoria di stakeholders (termine tornato molto in voga negli ultimi anni), i pagatori di tasse, che generalmente sopportano oneri senza avere voce in capitolo.

Non è una differenza di poco conto.



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