Scorie - Lo fanno per il nostro bene...
Come tanti cambiamenti politicamente forzati, anche la transizione green è stata raccontata come l'unico modo per salvare il pianeta. Messa così, chi non sarebbe d'accordo? Il fatto è che, come sempre in questi casi, la spiegazione è stata (volutamente) parziale, omettendo di rendere chiaro quali fossero i costi e chi li avrebbe sopportati.
Probabilmente in una persona consapevole che molte cose che attualmente dà per scontate diventerebbero economicamente inaccessibili a fronte di una riduzione statisticamente non significativa delle emissioni ritenute responsabili di alterare il clima, sorgerebbero delle perplessità, quanto meno in merito ai tempi della transizione.
Per esempio, sapere che l'automobile tornerà a essere un bene di lusso. Da un lato perché quelle elettriche, anche prescindendo dai limiti di autonomia e altri problemi che ho più volte evidenziato, continuano a costare dal 30 al 50% in più di quelle con motore endotermico. Dall'altro, perché per rendere relativamente convenienti le auto elettriche saranno vietate le vendite di nuove auto con motore endotermico e saranno resi via via artificialmente (ossia fiscalmente) più costosi i carburanti. Per non parlare dell'efficientamento "forzato" degli immobili.
I fautori della transizione forzata fanno appello, oltre che ai benefici per il pianeta, al risparmio prospettico. Peccato che i primi siano in ogni caso insufficienti se la transizione forzata non riguarderà i principali Paesi emergenti. Con il paradosso che l'Europa sta diventando dipendente dalla Cina per batterie e pannelli solari, la cui produzione fa ancora notevole affidamento su centrali a carbone, oltre che su condizioni di lavoro (per esempio in Africa) che sarebbero (giustamente) inaccettabili nella stessa Europa.
Quanto al risparmio prospettico, anche accettando le stime dei fautori della transizione forzata, la loro manifestazione sarebbe differita nel tempo rispetto ai costi della transizione, insostenibili da molte persone. Detto finanziariamente, un investimento può avere un valore attuale netto atteso positivo, ma se uno non è in grado di finanziare il costo iniziale, non può investire. E dubito che il credito sarebbe garantito a tutti quanti, a prescindere dalle condizioni reddituali e patrimoniali.
Al che i fautori della transizione forzata tirano in ballo gli Stati, ossia i pagatori di tasse. Come se, pur prescindendo da considerazioni generali sulla tassazione, le risorse di costoro fossero infinite.
Mi è capitato di leggere che il Fondo Monetario Internazionale avrebbe stimato in 7mila miliardi di dollari i sussidi (espliciti e impliciti) ai combustibili fossili, pari a circa il 7% del Pil globale.
Non mi stupisce che escano studi di questo genere: l'FMI ha sempre prodotto materiale "scientifico" a sostegno delle tesi politiche dominanti del momento.
Posto che i sussidi espliciti nei Paesi non produttori di conbustibili fossili sono al più riduzioni di tassazione e che in alcuni Paesi, per esempio l'Italia, la passazione incide per oltre la metà del prezzo pagato dai consumatori, la parte più consistente sarebbe riferibile ai sussidi impliciti, ossia alla mancata tassazione compensativa per le emissioni alteranti il clima.
Secondo gli autori del report, "i costi ambientali spesso non si riflettono nei prezzi dei combustibili fossili, in particolare del carbone e del gasolio. La nostra analisi mostra che l'anno scorso i consumatori non hanno pagato oltre 5mila miliardi di dollari di costi ambientali."
Che fare, dunque?
Facile: "se i Governi eliminassero i sussidi espliciti e imponessero tasse correttive, facendo salire i prezzi dei carburanti, spingerebbero imprese e famiglie a pesare i costi ambientali nelle decisioni di consumo e investimento. Il risultato sarebbe una riduzione significativa delle emissioni di anidride carbonica, aria più pulita, meno malattie polmonari e cardiache e maggiori risorse per i Governi."
Come no: facciamo salire il prezzo di un litro di benzina, per esempio, a 5 euro e risolviamo il problema. E se per molti ciò fosse economicamente proibitivo, basterebbe redistribuire, ossia far pagare di più i "ricchi" per poi fornire sussidi ai meno abbienti.
Come spesso accade, i conti ex post non tornerebbero, economicamente e molto probabilmente neppure ecologicamente. Oltre ad aver calpestato con l'ennesimo esperimento di pianificazione i diritti individuali in nome di un obiettivo ritenuto "giusto" per tutti.
Qualche perplessità nei sondaggi condotti nei Paesi europei inizia a essere evidente. Temo però che non sarà sufficiente per invertire la tendenza.
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