Scorie - Tu chiamalo, se vuoi, buon senso
Da quando anche la BCE ha dovuto abbandonare la retorica dell'inflazione come "temporanea", apprestandosi a interrompere il QE (continuando peraltro a reinvestire interessi e capitali in scadenza) e a uscire dai tassi di interesse negativi, lo spread tra BTP e Bund ha superato i 200 punti base, con il rendimento del decennale italiano avvicinatosi al 3.5%.
Non una buona notizia per i pagatori di tasse e un problema anche per i tossici da deficit di bilancio, ora definito "scostamento".
Per questo, soprattutto a sud delle Alpi, si invoca da tempo l'intervento della BCE per contenere lo spread, ovviamente anche in questo caso ricorrendo a una formula che confonda un po' le acque. Si parla di uno strunmento che contrasti la "frammentazione" della trasmissione della politica monetaria.
E ogni volta che esce una indicrezione, meglio se sul Financial Times, sul lancio di un programma anti frammentazione, lo si commenta con giubilo.
Scrive Riccardo Sorrentino sul Sole 24Ore, commentando l'eventualità:
"Non sarà uno strumento per azzerare gli spread: lo vietano i trattati, lo sconsiglia il buon senso. Occorre che i prezzi di mercato, e quindi i rendimenti, riflettano il rischio che gli investitori incontrano acquistando bond, per esempio, italiani. Alla Bce interessa però che la politica monetaria sia trasmessa in modo il più possibile uniforme in tutta l'area che adotta euro, e non può tollerare – per una questione di efficienza – differenziali troppo alti e soprattutto "sotto stress"."
Ovviamente la questione di efficienza è stabilita dalla stessa BCE, la quale, quindi, stabilisce anche quale debba essere "il rischio che gli investitori incontrano acquistando bond, per esempio, italiani."
Il tutto, altrettanto ovviamente, all'insegna del buon senso.
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