Scorie - La sicurezza dello statalismo

L'ennesima conferma dell'elevato grado di statalismo che ammorba la politica (e non solo) italiana è fornita dall'ultima relazione pubblicata dal Copasir (comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica). Il Copasir, presieduto dal leghista Raffaele Volpi ma in cui comanda la maggioranza che sostiene il governo, ha fatto, per bocca del suo presidente, un lavoro di squadra: "uniti quando si tratta di difendere gli interessi dell'Italia, come richiesto anche dal presidente Mattarella".

Gli interessi dell'Italia deriverebbero dal contrastare l'acquisto da parte di soggetti esteri, anche dell'Unione europea, di partecipazioni di controllo in società italiane ritenute operanti in settori "strategici", che da quando è arrivato il Covid-19 sono praticamente tutti, stando al Copasir.

A impensierire maggiormente sono le possibili acquisizioni da parte di soggetti francesi, per esempio se Axa acquisisse Assicurazioni Generali, il cui amministratore delegato tra l'altro è francese, il che desta sospetti nei nostri patrioti, perché "arriverebbe a detenere complessivamente 85,5 miliardi di euro di titoli italiani, pari al 3,5 per cento di tutto il debito pubblico italiano".

La logica sottostante è che a soggetti italiani può sempre essere fatto obbligo di comprare titoli di Stato in regime di repressione finanziaria (i vecchi vincoli di portafoglio), ovviamente in nome dell'interesse nazionale.

C'è da supporre che i capi azienda che sono stati auditi dal Copasir siano ben lieti che si apra per loro un ombrello di protezione, e d'altra parte, si legge nel rapporto, la "situazione emergenziale provocata dal Covid-19 rischia di produrre effetti esiziali sul sistema finanziario e creditizio del Paese".

Il tutto per tutelare i dati sensibili dei cittadini, "come quelli sulla salute o sulla situazione reddituale e patrimoniale dei sottoscrittori di polizze". I quali dovrebbero invece essere lieti di darli tutti in pasto allo Stato e alle aziende protette dallo stesso.

Pare inoltre che non vada bene neppure l'acquisto di quote di capitale di Mediobanca da parte di Delfin, facente capo a Leonardo Del Vecchio, nonostante costui risulti ancora essere un cittadino italiano, perché "potrebbe modificarne l'assetto societario, con conseguenze per il nostro principale istituto di assicurazioni, Generali".

Emblematico, infine, il caso delle banche, con le lodi espresse per Intesa San Paolo, anche a seguito della recente acquisizione di UBI, operazione che "ha rappresentato l'opportunità per l'Italia di dotarsi di una banca di 'sicurezza nazionale', analogamente a quanto avviene in molti altri Paesi."

Al contrario, critiche per Unicredit, il cui amministratore delegato, che peraltro desta sospetto perché di nazionalità francese, è notoriamente restio a lanciare la banca verso l'acquisizione del Monte dei Paschi di Siena, mentre guarderebbe a nord delle Alpi per operazioni straordinarie. 

Per il Copasir "il gruppo sembra avviato verso una progressiva contrazione della propria presenza sul territorio nazionale" e, peggio ancora, "si sono susseguite preoccupanti notizie su possibili operazioni di fusione di UniCredit con altri players stranieri", per esempio la tedesca Commerzbank o le francesi Crédit Agricole e Société Générale.

Ciò rappresenterebbe "un rischio di particolare rilevanza per il sistema bancario e del pubblico risparmio", perché "pur continuando a provenire dalle famiglie e dalle imprese italiane, le risorse raccolte da UniCredit potrebbero essere impiegate per finanziare territori e sistemi produttivi esteri".

Che poi questi impieghi fossero in grado di generare meno sofferenze pare non essere di interesse del Copasir, che evidentemente ritiene che un banchiere debba in primo luogo pensare alla "sicurezza nazionale", con buona pace dell'analisi del merito di credito e della formula di rito della "sana e prudente gestione" predicata dalle norme di settore e dalle autorità di vigilanza.

La policy di Unicredit "desta perplessità sotto il profilo del perseguimento degli interessi nazionali". Non mi stupirei se con la nomina del prossimo Cda, quando Pier Carlo Padoan diventerà presidente, a Unicredit verrà nominato un nuovo amministratore delegato.

Concludo con le parole del relatore del PD, Enrico Borghi, soddisfatto per il voto unanime sulla relazione, "fatta per mettere Parlamento e Paese di fronte a scelte obbligate per evitare scorrerie economiche e finanziarie con la necessità di un salto in avanti delle istituzioni della classe dirigente."

Un salto in avanti verso il baratro statalista.

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