Scorie - Cancellazione del debito da trecartari
In giorni in cui si sente parlare con sempre maggiore frequenza di cancellazione parziale dei debiti pubblici accumulati in tempo di pandemia e a sud delle Alpi diversi politici hanno già una visibile bava alla bocca (soprattutto, ma non solo, se pentastellati), c'è chi invita alla prudenza, per non innervosire operatori di mercato ed elettori dei Paesi cosiddetti frugali.
Ecco, per esempio, il parere di Carlo Pelanda:
"Chi scrive ritiene che la soluzione tecnica più importante sia il trattenere per decenni nel bilancio Bce, rifinanziandole, aliquote dei debiti nazionali evitando però la monetizzazione dei debiti stessi e che ciò sia fattibile via riforma di prassi senza cambiare i trattati."
Se si guarda alla faccenda da un punto di vista formale, la soluzione proposta da Pelanda, che peraltro è già in corso di attuazione da anni con la perpetuazione dei programmi di quantitative easing, è ben diversa dalla monetizzazione a cui corrisponderebbe la cancellazione dei titoli detenuti dalla Bce.
Se, viceversa, si guarda alla sostanza, avere un orizzonte di più decenni durante i quali la Bce continuasse a protrarre il quantitative easing produrrebbe un risultato non dissimile dalla cancellazione. Gli acquisti sarebbero condotti sul mercato secondario, per evitare l'accusa di finanziare i deficit (vietato dal Trattato Ue), mentre gli interessi sarebbero in gran parte retrocessi ai Tesori emittenti.
A parte il lavoro di qualche contabile, quei debiti sarebbero sostanzialmente monetizzati e via via svalutati in termini reali.
Senza cambiare i trattati, via politicamente difficile, si otterrebbe il risultato voluto, con atteggiamento tipicamente da trecartaro. Poi non ci si stupisca se questa è la reputazione che ci si fa a nord delle Alpi…
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