Scorie - Giganti del web e nani della politica (fiscale)

Cadono le braccia (per non essere scurrili) quando si leggono certe proposte sulla fiscalità palesemente sgangherate.

Si prenda, per esempio, quella di Sestino Giacomoni di Forza Italia, già noto per proporre da mesi la costituzione di un fondo sovrano italiano che in realtà sarebbe un contenitore di debito e immobili pubblici da mettere in portafoglio a investitori italiani.

Unendosi a un coro al quale partecipano voci di praticamente tutti i partiti, Giacomoni invoca l'aumento della tassazione sui cosiddetti "giganti del web", ovviamente allo scopo di alimentare la spesa pubblica.

Ecco il ragionamento:

"L'imposta pagata da questi colossi dei quali facciamo ormai un uso quotidiano, che verrà applicata dal 2021, è del 3%. E' un trattamento decisamente più favorevole di quello riservato a tutte le altre tipologie di aziende: negozi di vicinato, botteghe storiche e in generale le pmi italiane, che devono sopportare un prelievo fiscale di oltre il 60%."

Come è noto, ritengo ogni forma di tassazione una violazione del diritto di proprietà. Il fisco italiano pratica questa violazione aggiungendo anche dosi abbondanti di complicazione. Ciò nondimeno, confondere una imposta che colpisce il fatturato con una che colpisce l'utile è un errore grossolano. Indubbiamente il fisco non consente la piena deducibilità di tutti i costi, ma non è ancora arrivato a renderli del tutto indeducibili, di fatto colpendo il fatturato anche nel caso di IRES.

Per di più, se è sacrosanto considerare spropositato il peso del fisco per botteghe e pmi italiane, sarebbe opportuno invocare una riduzione del prelievo a loro carico, più che un inasprimento di quello a carico di altri soggetti.

Giacomoni sarebbe poi dell'idea di discriminare in base al passaporto dell'impresa, ritenendo "corretto escludere dal campo di applicazione della digital tax, come attualmente disciplinata dalla legge di bilancio 2020, le imprese nazionali, come, peraltro, è stato fatto in altri Stati dell'Ue."

Il tutto con una strana motivazione: "garantire la libera concorrenza tra le imprese del settore evitando ch ei colossi si avvantaggino delle agevolazioni fiscali previste in altri Stati membri e non."

La motivazione ultima la si può intuire, in realtà, in questo passaggio:

"Ci sono fermi 700 milioni messi a bilancio (da due anni) che potrebbero essere spesi per le politiche di sostegno alle categorie più colpite. Ho presentato in tal senso una mozione per chiedere al governo di intervenire subito per modificare la struttura del prelievo verso i colossi del web e di utilizzare quei soldi per abbattere la pressione fiscale delle pmi italiane."

Premesso che i 700 milioni sono un ipotetico gettito derivante dalla digital tax e non una somma già incassata dallo Stato, il condivisibile obiettivo di ridurre la tassazione per le pmi italiane andrebbe perseguito riducendo in modo strutturale delle voci di spesa, non aumentando le tasse ad altri soggetti.

Che l'Italia sia messa male lo si capisce anche considerando che Giacomoni e colleghi di partito continuano a considerarsi liberali…

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