Scorie - Fratelli tutti (ma di chi vogliamo)

In un articolo in cui brevemente commenta l'ultima enciclica di Papa Francesco ("Fratelli Tutti"), Guido Stazi si sofferma sui passaggi in cui Bergoglio condanna certe forme di populismo rivlautandone altre, oltre a criticare il liberalismo e il diritto di proprietà privata.

Per quanto riguarda il populismo, Stazi scrive che alcuni "studiosi hanno identificato il populismo positivo cui fa riferimento Papa Bergoglio nella tradizione peronista argentina e in alcuni aspetti di quella bolivarista venezuelana."

A giudicare dagli effetti su Argentina e Venezuela di decenni di "populismo positivo", credo sia legittimo anche per il più devoto fedele mettere in dubbio la correttezza della posizione attribuita al Papa.

Tra l'altro, quelle forme di populismo sono proprio incompatibili con un autentico liberalismo e con il rispetto del diritto di proprietà.

Quanto al liberalismo, scrive Stazi:

"Per il liberalismo la condanna è senza appello, perché la categoria di popolo "è abitualmente rifiutata dalle visioni liberali individualistiche, in cui la società è considerata una mera somma di interessi che coesistono". Ed è netta la critica al dogma di fede neoliberale del mercato che risolve tutto. "Si tratta di un pensiero povero, ripetitivo, che propone le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti"."

Qui credo che la critica sia piuttosto superficiale. Il fatto di ritenere che non siano le società o altre entità collettive a pensare e ad agire, bensì i singoli individui, non deriva da altro se non dall'osservazione della natura umana. Nulla vieta agli individui di associarsi ad altri, e in effetti è quello che generalmente avviene. Lo stesso mercato, nella sua forma autentica, è un insieme di scambi volontari nei quali ogni soggetto che partecipa allo scambio ottiene qualcosa a cui attribuisce un valore superiore a quello che cede.

Non si tratta di ritenere che il mercato risolva tutto, ma è indubbio che il libero mercato consente a chi scambia beni e servizi di perseguire i propri obiettivi, o quanto meno di passare da uno stato di maggiore insoddisfazione a uno di minore insoddisfazione.

Liquidare il tutto con stereotipi o caricature, limitandosi a concludere che trattasi di "un pensiero povero, ripetitivo, che propone le stesse ricette di fronte a qualunque sfida si presenti", espone chi critica il mercato a un identico giudizio di povertà e ripetitività di pensiero.

Infine, con riferimento al diritto di proprietà, scrive Stazi:

"D'altronde la stessa diffidenza è nei confronti del diritto di proprietà, che è uno dei fondamenti del liberalismo: "la tradizione cristiana non ha mai riconosciuto come assoluto o intoccabile il diritto di proprietà privata, e ha messo in risalto la funzione sociale di qualunque forma di proprietà privata"."

Dando per scontato che la proprietà sia stata acquisita legittimamente, mettere in discussione quello che è il diritto fondamentale per ogni individuo porta a legittimare l'esercizio della violenza a scopo redistributivo. 

Che un'autorità religiosa chieda ai fedeli di condividere la proprietà con altri o comunque di utilizzarla per fare del bene ad altri è ovviamente più che legittimo. Il problema è quando questi precetti sono poi realizzati contro la volontà dei legittimi proprietari mediante l'uso di mezzi politici, ossia mediante la minaccia dell'uso della violenza.

Credo che tutto questo sia profondamente anticristiano. 

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