Scorie - Il garante della concorrenza, purché non sia fiscale

L'audizione in commissione Politiche europee della Camera svolta dal presidente dell'Antitrust, Roberto Rustichelli, è stata l'ennesima occasione per lanciare la sua crociata contro il "dumping interno all'Unione europea".

Secondo Rustichelli i Paesi europei che presentano, soprattutto alle imprese, un conto fiscale più leggero della media fanno concorrenza sleale, causandone le difficoltà, a Paesi come l'Italia. 

"Paesi come l'Irlanda, l'Olanda e il Lussemburgo sono veri e propri paradisi fiscali nell'area euro, che attuano pratiche fiscali aggressive che danneggiano le economie degli altri Stati membri." 

E via con i numeri:

"A causa della concorrenza fiscale sleale a livello europeo, il fisco italiano perde la possibilità di tassare oltre 23 miliardi di dollari di profitti: 11 miliardi di profitti vengono spostati in Lussemburgo, oltre 6 miliardi in Irlanda, 3,5 miliardi in Olanda e oltre 2 miliardi in Belgio. Ciò comporta un danno per l'Italia che può essere stimato tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l'anno."

Di qui una spiegazione, secondo Rustichelli, della stagnazione italiana.

 "Nell'ultimo quinquennio il Pil italiano è cresciuto solo del 5%, mentre il Pil dell'Irlanda è cresciuto del 60%, quello del Lussemburgo del 17% e quello dell'Olanda del 12%. E a fronte di un reddito pro-capite nel 2019 in Italia pari a 28.860 euro, si registra in Lussemburgo un reddito pro capite di 83.640, in Irlanda di 60.350 e in Olanda di 41.870 euro." 

Sarebbe il dumping fiscale a distorcere l'allocazione degli investimenti esteri, sempre a danno dell'Italia, che "ne attira per un importo pari al 19% del Pil; il Lussemburgo pari a oltre il 5.760%, l'Olanda al 535% e l'Irlanda al 311%. Valori così elevati non trovano spiegazione nei fondamentali economici di tali Paesi, ma sono in larga parte riconducibili alla presenza di società veicolo."

Ma anche i gravami sul costo del lavoro sono oggetto di dumping:

"Nel 2019 il costo medio di un'ora di lavoro in Polonia è stato di 10,7 euro, mentre in Italia di 28,8 euro."

Così come Rustichelli va ripetendo questi concetti ogni volta che interviene, credo non ci si debba stancare di ripetere che la prospettiva andrebbe completamente ribaltata. Non è la concorrenza fiscale sleale degli altri Paesi il problema, bensì il peso di quella domestica. Alla quale si uniscono una selva di adempimenti burocratici e una amministrazione della giustizia che scoraggiano gli imprenditori italiani, figuriamoci quelli esteri.

Se l'Unione europea imponesse lo standard italiano a tutti quanti, semplicemente sarebbe tutta l'area a perdere investimenti a favore del resto del mondo.

Ed è veramente curioso che chi dovrebbe tutelare la concorrenza ripeta un giorno sì e l'altro pure che la soluzione ai problemi italiani sia ridurre una forma di concorrenza. Come dire: la concorrenza va bene, purché non sia a danno di uno Stato più invasivo e soffocante degli altri.

Come si fa a pensare che possano migliorare le cose in questa malandata penisola?

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