Scorie - Sempre nuove (a)normalità

Intervistato dal Sole 24 Ore, Philip Lane, capo economista della BCE, ha giustificato i recenti interventi ultraespansivi adottati dalla banca centrale per contrastare gli effetti della pandemia.

Oltre ad avere, di fatto, incluso il quantitative easing e i tassi negativi tra gli strumenti convenzionali, mentre fino a pochi mesi fa erano considerati non convenzionali, Lane ha fornito questa spiegazione per il livello attuale dei tassi di interesse:

"Il livello dei tassi d'interesse necessario per l'economia mondiale è molto più basso adesso rispetto a 25 anni fa. E questa non è una peculiarità della Bce o dell'area dell'euro. Il motivo per cui i tassi d'interesse sono così bassi ha a che fare con molti fattori, tra i quali la demografia e la produttività. In questo momento queste forze stanno esercitando una pressione al ribasso sull'inflazione. Le banche centrali su scala mondiale stanno contrastando questa bassa inflazione e per farlo hanno avviato programmi di acquisto di attività. Ma le azioni delle banche centrali sono sempre motivate dal mandato della politica monetaria: nel momento in cui le previsioni sull'inflazione cambieranno, le politiche delle banche centrali si adatteranno di conseguenza. Non sappiamo dove saranno i tassi d'interesse in futuro perché non sappiamo dove sarà l'inflazione tra 3,5 o 10 anni. I sostenitori della monetizzazione del debito ritengono che le banche centrali terranno in portafoglio i titoli di Stato a qualsiasi condizione. Ma non è così. E comunque, il Trattato non ci consente di monetizzare il debito pubblico."

Partendo dalla fine, non mi aspetto certo che da un esponente della BCE vi sia la candida ammissione che è in corso una monetizzazione (ancorché indiretta) del debito (soprattutto) pubblico, ma non mi stupirei se fra qualche anno anche questo tabù fosse infranto. In fin dei conti lo stesso QE era considerato non convenzionale fino a poco tempo fa e ora pare essere lo strumento principale nella cassetta degli attrezzi della BCE e delle altre banche centrali.

Quanto al livello dei tassi di interesse, oggi molto inferiore rispetto a 25 anni fa, ciò è indubbiamente dovuto a una molteplicità di fattori, tra i quali quelli indicati da Lane. Ma, come già hanno fatto suoi colleghi in altre occasioni, anche in questo caso si omette di notare l'elefante nella cristalleria, ossia l'operato delle banche centrali.

Il tasso di interesse "necessario per l'economia mondiale" è oggi molto inferiore rispetto a 25 anni fa anche perché nel frattempo il debito, tanto pubblico quanto privato, è divenuto un multiplo di quello di 25 anni fa. Il solo debito pubblico dei Paesi del G7 è passato dal 75 al 118% del Pil negli ultimi 20 anni. 

E' evidente, quindi, che all'aumentare del rapporto tra debito e Pil diminuisca il tasso di interesse che rende il debito stesso sostenibile. I banchieri centrali cercano di sostenere che la politica monetaria non c'entri nulla con tutto questo, ma non sono convincenti, ancorché buona parte dei mezzi di informazione sposi questa versione at face value.

La distorsione al ribasso dei tassi di interesse da parte della politica monetaria genera un incentivo all'utilizzo del debito, oltre a rendere apparentemente positivi i valori attuali netti di investimenti che, a tassi non distorti, risulterebbero in perdita.

Nel breve termine si rimanda il problema, però si peggiora la dipendenza da politica monetaria espansiva, perché il debito si accumula. Per restare agli ultimi 25 anni, è successo nei primi anni Duemila, dopo la crisi del 2007-2008 e oggi si è rincarata la dose.

Il tutto guardando all'andamento dei prezzi al consumo, tralasciando quanto accade sui prezzi delle attività reali, finanziarie e sull'accumulazione di debito (o rimandando all'uso di strumenti macroprudenziali).

Ogni volta si promette un ritorno alla normalità "nel medio periodo", salvo poi accorgersi che, quando questo medio periodo arriva, semplicemente si deve aumentare la dose e quello che prima era straordinario diventa la normalità a cui tornare nel nuovo "medio periodo".

Mai come in questo caso vale l'affermazione attribuita ad Albert Einstein: "follia è ripetere sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi".

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