Scorie - Per quanto la spingano, la Bidenomics è indifendibile
Più ci si avvicina a novembre, più negli Stati Uniti cresce la fibrillazione dei mezzi di informazione democratici (nel senso che sono orientati a sostenere le posizioni del partito democratico) perché, con loro grande rammarico, i sondaggi non danno la rielezione di Joe Biden come il risultato più probabile.
Quindi un giorno sì e l'altro pure si leggono articoli che snocciolano i successi economici dell'amministrazione in corso, che non hanno paragoni con quella del predecessore, nonché avversario. Il quale, per di più, è qualcosa di peggio di un demone.
Successi che, evidentemente, non convincono del tutto gli americani.
Bloomberg è uno dei meziz di informazione di cui sopra, ed è apertamente pro Biden e contro Trump. Ovviamente liberi di esserlo, ma la presentazione dei numeri parziale non è un grande senrizio ai lettori, a maggior ragione quando si è uno dei principali provider di dati e informazioni finanziarie al mondo.
E allora in certi casi si sfiora il patetico, come leggendo Matthew Winkler, secondo il quale "il consenso tra gli storici secondo cui i presidenti non possono prendersi il merito dell'andamento dell'economia è smentito dalle prove che le politiche di questa amministrazione non hanno rivali nella creazione di posti di lavoro."
Poi snocciola i numeri, ma tralasciando un paio di particolari, che renderebbero l'analisi un po' meno di parte. In primo luogo, che l'ultimo anno della presidenza Trump è stato, come altrove, pesantemente condizionato dal Covid. In secondo luogo, che la politica fiscale di Biden è stata ultraespansiva, attirando critiche perfino da alcuni economisti keynesiani.
Volendo paragonare i primi tre anni di Biden con i primi tre di Trump (così si rimuove l'effetto Covid), andrebbe guardato anche l'altro lato della medaglia, ossia quanto debito è stato prodotto.
Nei primi tre anni di Trump, che non era certo austero, il debito pubblico americano è aumentato di 3224 miliardi. Il Pil nominale di 2813 miliardi, quello reale di 1647 miliardi. Quindi le cose effettivamente non erano esaltanti, dato che per ogni dollaro di Pil reale ne venivano prodotti quasi 2 di nuovo debito.
Nel primo triennio di Biden, per contro, il debito è aumentato di 6254 miliardi, il Pil nominale di 5933 miliardi e quello reale di 1955 miliardi. Quindi l'effetto inflattivo ha gonfiato il Pil nominale, ma ciò nonostante il debito è aumentato più del Pil nominale, mentre per quanto riguarda il Pil reale, per ogni dollaro ce ne sono stati oltre 3 di nuovo debito.
Si potrebbe osservare che la pandemia non era finita quando Biden entrò in carica. Vero, ma la cosa interessante è che sotto la sua amministrazione il primi due anni sono stati prodotti circa 5 miliardi di debito al giorno, mentre nel 2023 si è passati a oltre 7 milirdi al giorno.
Si dirà che è colpa dell'aumento dei tassi di interesse. Il quale, però, è conseguenza anche delle politiche ultraespansive dell'amministrazione in carica.
Per cui quando Winkler e altri come lui snocciolano i dati sugli investimenti delle imprese e sull'occupazione creata, dovrebbero anche considerare gli incentivi che queste imprese ricevono, che generano poi il debito. E il debito generato supera abbondantemente la generazione di Pil.
Allo stesso tempo, paragonare l'attuale presidente con diversi predecessori per evidenziare come sia riuscito a creare un lungio periodo di crescita ha poco senso, dato che una creazione di debito a questi livelli è da tempo di guerra, ma non ci sono state guerre negli Stati Uniti in questi anni, ancorché i sostegni all'Ucraina abbiano concorso a generare debito.
In sintesi, la crescita del Pil prodotta in questi anni negli Stati Uniti è drogata da una politica fiscale ultraespansiva, di cui i pagatori di tasse prima o poi dovranno pagare il conto. E' comprensibile che non siano tutti quanti entusiasti.
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