Scorie - Concordato e calo delle tasse non sono credibili

Da libertario ritengo la tassazione una violazione del principio di non aggessione. In un contesto ideale non dovrebbe esistere, così come non dovrebbe esistere la spesa pubblica. Ritengo tanto illegittima la tassazione, quanto il consumo di tasse da parte di chi evade il fisco, usufruendo di servizi pagati con le tasse altrui, a maggior ragione quando esiste un'alternativa privata per i servizi in questione.

Ritengo anche che la maggior parte degli strali lanciati contro gli evasori fiscali sia per lo più dovuta alla diffusa mentalità profondamente socialista, che ha nell'invidia la base di ogni ragionamento su ciò che è "giusto".

Ciò premesso, venendo alle polemiche (per lo più motivate dall'invidia di cui sopra) sull'ennesimo tentativo di introdurre un concordato preventivo biennale tra partite IVA e fisco, Maurizio Leo, viceministro dell'Economia e fautore del provvedimento, indica così i motivi per cui un individuo dovrebbe aderire:

"Per un nuovo calcolo costi/benefici. Sul primo fronte ci sono appunto i controlli rafforzati, che saranno concentrati ovviamente su chi non accetta la proposta di concordato ed è quindi destinato ad animare liste selettive, in un'ottica che rende il concordato una forma di compliance rafforzata. Sul secondo c'è il fatto che l'adesione ti fa vivere tranquillo per due anni, al riparo da problemi ulteriori."

In sostanza, una sorta di carota offerta con una mano, mostrando nell'altra il bastone. Tutto prevedibile, peraltro.

Secondo Leo, poi, "il maggior gettito prodotto dal concordato aiuta anche a proseguire sulla riforma dell'Irpef, non solo confermando le tre aliquote ma anche andando avanti nel percorso di riduzione della pressione fiscale. Perché chi guadagna 50mila euro lordi all'anno non è certo un "ricco" a cui riservare l'aliquota più alta."

Indubbiamente chi ha un reddito di 50mila euro lordi non è "ricco", ancorché finora lo si sia trattato fiscalmente come se lo fosse.

Ciò che non mi convince è il richiamo alla diminuzione della prezzione fiscale, perché se la riforma avverrà, come pare, senza ridurre il gettito, sostanzialmente si tratterà di una redistribuzione degli oneri, più che una riduzione generalizzata.

Credo però che sarebbe corretto parlare di riduzione solo se ognuno pagasse almeno un centesimo in meno di prima. Il che, però, sarebbe possibile solo riducendo realmente la spesa pubblica, cosa che non mi pare proprio all'ordine del giorno (spesso si parla di ridurre le tax expenditures, ossia deduzioni e detrazioni fiscali; ma quello comporterebbe in realtà un aumento di tasse, non un calo di spesa).

Piaccia o meno, decenni di accumulazione di deficit di bilancio hanno portato a una situazione in cui non è possibile ridurre le tasse senza ridurre la spesa. Purtroppo, però, la diffusa convinzione di poter ottenere qualcosa in cambio di nulla, contando sul fatto che sia qualcun altro a pagare, non mi fa ben sperare per il futuro.

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