Scorie - Il purosangue della politica italiana
A costo di ripetermi, non passa giorno in cui Luigi Di Maio non fornisca prove del suo essere un politico di razza. Nel giro di pochi anni, ha radicalmente cambiato atteggiamento, alleati e avversari. Ovviamente negli ultimi tempi sta entrando tra i supereroi del progressismo italiano, quelli che una volta erano gli utili idioti (e nella sostanza lo sono ancora) dei comunisti e di ciò che di essi rimane oggi sotto la sigla PD.
Nessuno più di Giggino si fa promotore dell'agenda Draghi (qualsiasi essa sia).
"Io credo che l'Italia abbia ancora bisogno di Mario Draghi. Io non posso stare con coloro che con il
sovranismo, il populismo e l'opportunismo hanno buttato giù il governo. Voglio stare con chi crede nella stabilità, nella responsabilità e nelle riforme", ha dichiarato all'indomani della caduta del governo Draghi.
Sul quale ha cambiato idea rispetto a meno di quattro anni fa, quando il governo gialloverde era alle prese con un rialzo dello spread e Di Maio incolpava Draghi, allora presidente della BCE, di non fare il tifo per l'Italia.
"Siamo in un momento in cui bisogna tifare per l'Italia e mi meraviglia che un italiano che è stato un punto di riferimento si metta ad avvelenare il clima ulteriormente", disse riferendosi a Draghi, aggiungendo che "può dire quello che vuole, e non sono nessuno per censurarlo, ma è singolare che in questo momento vedo da alcuni ministri tedeschi molto più rispetto di quello che facciamo rispetto al capo della Banca centrale europea."
Era ottobre, si stava predisponendo la legge di bilancio e l'allora ministro dell'Economia Giovanni Tria doveva vedersela con richieste di spese miliardarie senza coperture da parte di M5s e Lega.
Per non parlare della giravolta nei confronti di Sergio Mattarella, che Di Maio avrebbe voluto mettere in stato d'accusa nel 2018, salvo oggi considerarlo un punto di riferimento, invitando le forze politiche ad "accogliere l'appello del presidente Mattarella che invita a completare il lavoro sul PNRR, impostare il lavoro della legge di bilancio e continuare a lavorare con la stessa determinazione per la crisi ucraina."
Quanto al populismo, di cui era giovane alfiere ai tempi in cui vinse per la prima (e anche la seconda) volta la lotteria delle parlamentarie del M5S, oggi Giggino afferma con tono istituzionale che bisogna evitare "che l'Italia finisca in mano ai populismi, agli estremismi e ai sovranismi", perché serve "l'Italia che abbiamo avuto con Draghi, credibile ai tavoli internazionali."
Ora, ovviamente ognuno è libero di cambiare idea, ma quando le idee cambiano a 180 gradi come in questo caso, significa che alla base vi sono solo convenienze momentanee.
Giggino è proprio un politico di razza.
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