Scorie - Tu chiamali, se vuoi, costi psicologici

Essendo un appassionato di automobili Euro zero, seguo con molto interesse il dibattito sulla elettrificazione a tappe forzate del settore automotive. Un chiaro esempio di un cambiamento imposto mediante mezzi politici e non derivante da una spontanea evoluzione di mercato.

In un articolo dedicato alle barriere psicologiche che frenerebbero la corsa della mobilità elettrica, Fabrizio Zerbini (Direttore scientifico mobiUS lab per la mobilità futura) e Laura Colm (docente di marketing SDA Bocconi) esordiscono affermando che si tratta di "una delle sfide più importanti per la decarbonizzazione e per la transizione verso una società sostenibile".

Il che è vero se ci si riferisce ai mezzi pesanti, alle navi e agli aerei, ma non se ci si riferisce alle automobili, che sono repsonsabili, a livello europeo, di meno del 2% delle emissioni complessive. Come dire: se si disponesse di un pulsante per rendere elettriche tutte le macchine in circolazione dall'oggi al domani, i benefici in termini di riduzione di emissioni inquinanti sarebbero impercettibili.

Gli autori riconoscono che non è solo usando incentivi e divieti che si può indurre i consumatori a comprare auto elettriche.

"La transizione verso una mobilità sostenibile, però, non avviene solo attraverso stanziamenti che permettono di abbattere i prezzi delle nuove tecnologie in campo automobilistico, né sono sufficienti strategie di abbinamento con leve di carattere coercitivo, come l'introduzione di restrizioni normative all'utilizzo di veicoli inquinanti in aree urbane. Il vero cambio di passo richiederà, verosimilmente, di più che l'uso di "bastone e carota". Sarà presto necessario agire oltre che sui comportamenti, anche sulle motivazioni che stanno alla base delle scelte di mercato."

Elencano, poi, i fattori che frenano gli acquisti, ossia la scarsa autonomia in termini di chilometri; i tempi di ricarica, che sono un multiplo mai inferiore a 10 volte di quelli necessari per riempire un serbatoio di benzina o gasolio e molto superiori anche ai minuti necessari per fare un pieno di metano o gpl; un rischio di obsolescenza precoce del veicolo, con annessa veloce perdita di valore di mercato; infine, i costi psicologici della transizione, evidenti nello scarto tra intenzioni dichiarate e comportamenti concreti all'acquisto.

Secondo Zerbini e Colm ci sono due direzioni da seguire per ridurre questi costi psicologici.

"Una prima utile direzione da seguire è rendere visibili e facilmente accessibili le stazioni di ricarica già esistenti. Spesso chi si occupa di offerta (ad esempio le case automobilistiche), è concentrato sul dato oggettivo, mentre il consumatore decide sul percepito. È quindi importante colmare questa distanza e assicurarsi che il consumatore consideri ugualmente facile trovare sul territorio una pompa di benzina o una stazione di ricarica. Finché non si riescono a portare su livelli comparabili i tempi necessari per il "rifornimento", dovrebbero essere almeno comparabili quelli per identificare e raggiungere la stazione di "rifornimento" più vicina."

Qui mi permetto di osservare che già oggi esistono app che localizzano le stazioni di servizio, quindi si tratta di un non problema.

"Una seconda direzione da seguire, che può fare la differenza, è quella di neutralizzare la percezione di rapida l'obsolescenza delle auto ibride ed elettriche, cavalcando l'onda del pay-per-use come alternativa all'acquisto (pay-per-own): che si tratti di noleggio a lungo termine o di forme più innovative di servizio come quelli offerti nella galassia del car sharing, resta importante permettere al consumatore di fare outsourcing dei rischi percepiti, ribaltandoli sui fornitori di mobilità, e poter quindi avere a disposizione per i propri spostamenti un'auto non inquinante, senza però doversi accollare il rischio legato alla proprietà di un bene potenzialmente difficile da rivendere in un prossimo futuro."

Che l'auto di proprietà, in assenza di sviluppi che riducano molto i costi, rischi di tornare a essere un bene di lusso, lo vado sostenendo (e non occorre essere un genio) da tempo. Quindi il noleggio e il pay-per-use saranno per moti consumatori soluzioni obbligate se i talebani della transizione all'elettrico manterranno l'agenda attuale.

Quanto al ribaltare i rischi sui fornitori di mobilità, sarebbe ovviamente possibile. Ma non sarebbe gratis, così come non è gratis trasferire un rischio a una compagnia di assicurazione sottoscrivendo una polizza. Anche per questo, oltre che per evidente preferenza a essere proprietari dell'auto che si guida, il noleggio oggi è utilizzato per lo più da professionisti e imprese per motivi (anche) fiscali, ma molto meno dai privati.

In definitiva, non credo che le due direzioni suggerite rendano meno indigesto il passaggio politicamente forzato all'elettrificazione del parco auto.


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