Scorie - Scenari sempre improbabilistici

Già in passato  mi sono occupato dell'utilizzo di scenari probabilistici in finanza. Personalmente sono sempre stato scettico sull'utilizzo di tali scenari, soprattutto perché si basano su una distribuzione normale dell'andamento delle variabili che determinano il valore teorico dei prodotti, che è comoda da usare, ma che non sempre è attendibile. Sulle "fat tails" e i problemi in generale dell'utilizzo delle distribuzioni normali in finanza ha scritto diffusamente Nassim Taleb, sia in lavori tecnici, sia nei libri che lo hanno reso famoso presso un pubblico più ampio.

In uno dei sui consuetu articoli domenicali sul Sole 24 Ore, Marcello Minenna riprende una recente sentenza della Corte di cassazione che estende anche ai contratti con privati i concetti già al centro di una sentenza dello scorso anno su derivati stipulati con enti locali. I contratti sarebbero nulli in assenza delle informazioni sul valore di mercato iniziale (mark-to-market), i costi impliciti e gli scenari probabilistici.

Almeno a far tempo dal 2009 i primi due elementi sono esplicitati, mentre generalmente non lo sono gli scenari probabilistici (anche in CONSOB non tutti l'hanno sempre pensata come Minenna, quindi le disposizioni di cosiddetto terzo livello non sono vincolanti nell'inserimento degli scenari probabilistici).

La vicenda di cui si è occupata la Cassazione era un caso abbastanza ricorrente: una società aveva contratto un finanziamento a tasso variabile e aveva coperto il rischio di tasso stipulando un Interest rate swap, di fatto trasformando da variabile a fisso il costo del debito.

La successiva discesa dei tassi di mercato aveva prodotto oneri crescenti e un aumento del mark to market negativo, quindi la società aveva deciso di chiamare in giudizio la banca.

Come riporta Minenna, secondo la Cassazione "i derivati sono «scommesse finanziarie» che nel nostro ordinamento sono meritevoli di tutela solo se «razionali», cioè se l'alea ad esse sottesa è oggettivamente misurabile, se è esplicitata nel contratto e se vi è l'accordo delle parti su tale misura."

Non dubito sulla "oggettività" degli scenari, ma come minimo dovrebbe essere esplicitato che le variabili che determinano il valore teorico del contratto non è affatto detto che seguano la distribuzione assunta come base per i calcoli. Questo "disclaimer", peraltro, equivale a dire che l'assunzione di normalità della distribuzione sia una BS (bullshit).

Viceversa, per Minenna (e la Cassazione) se una parte ignora gli scenari probabilistici "non conosce in pieno l'impegno assunto e non può aver dato un consenso consapevole alla stipula."

Minenna, non senza compiacimento, scrive che si tratta "di un'autentica rivoluzione nella giurisprudenza in materia di derivati, perché la Cassazione riconosce che la valutazione del rischio finanziario non può prescindere dalle probabilità e che le informazioni probabilistiche non possono essere patrimonio esclusivo di chi opera professionalmente sui mercati. Concetti già presenti nel Quaderno di Finanza Consob n. 63 del 2009 redatto dall'Ufficio che dirigevo. Anche il legislatore italiano ed europeo dovrebbe prenderne atto ed archiviare quanto prima l'inutile paternalismo che continua a escludere le informazioni probabilistiche dal set informativo da fornire obbligatoriamente a chi investe in derivati e in altri prodotti non-equity."

Io ritengo, al contrario, che la sentenza sia criticabile, sia per i motivi tecnici relativi al calcolo degli scenari, sia, nel caso specifico, perché un derivato stipulato come copertura del rischio di tasso non deve essere considerato una scommessa, bensì uno strumento con finalità assicurative.

Supponendo che la copertura fosse efficace (e generalmente dovrebbe esserlo) va sa sé che, nel caso specifico, il derivato abbia prodotto oneri crescenti. La società ricorrente, però, ha beneficiato simmetricamente del calo dei tassi di interessi i termini di minori oneri sul finanziamento.

Si può supporre che chi ha stipulato il contratto non avesse una conoscenza adeguata dello strumento, ma non credo che la soluzione sia l'obbligatorietà degli scenari probabilistici. I quali, in ogni caso, riguardano il solo derivato, mentre quando lo strumento è utilizzato con finalità di copertura, come nel caso in questione, il calcolo dei profitti e delle perdite andrebbe fatto a livello aggregato (finanziamento coperto e derivato di copertura).

Per tutti questi motivi, trovo non condivisibili né la sentenza, né il compiacimento di Minenna.

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