Scorie - Cambiano le poltrone e anche le opinioni
Ha avuto grande risalto la lettera pubblicata sul Financial Times a firma di Emmanuel Macron e Mario Draghi in merito alla riforma delle regole europee sulla finanza pubblica.
Nulla di nuovo e particolarmente originale, per la verità. Né di imprevedibile. La posizione era già stata espressa a più riprese nei mesi scorsi, e in sostanza consiste nel ripetere il mantra di non soffocare la spesa per investimenti (il presunto "debito buono") con il ritorno a regole ritenute errate.
Secondo Draghi e Macron:
"Abbiamo bisogno di una strategia di crescita per il prossimo decennio, e dobbiamo essere pronti a metterla in pratica attraverso investimenti comuni, regole più adeguate e un migliore coordinamento - non solo durante le crisi."
Fin qui, si tratta più o meno del desiderio della pace nel mondo espresso da una partecipante a un concorso di bellezza.
Quanto al debito:
"Non c'è dubbio che dobbiamo ridurre i nostri livelli di indebitamento. Ma non possiamo farlo attraverso tasse più alte o tagli insostenibili alla spesa sociale (...) la nostra strategia è invece di contenere la spesa pubblica ricorrente attraverso ragionevoli riforme strutturali. Nello stesso modo in cui non potevamo permetterci che le regole ostacolassero la nostra risposta alla pandemia, così non dovrebbero impedirci di fare tutti gli investimenti necessari."
Sotto questa formulazione, si arriva sempre alla riduzione del debito, non in valore assoluto ma in rapporto al Pil, tramite una crescita del denominatore superiore a quella del numeratore. Sono il primo a sostenere che non si debba andare verso nuove tasse, anche se temo che sarà inevitabile.
Ricordo anche che l'inflazione è una tassa implicita, molto utile a chi è indebitato. Siccome il rapporto tra debito e Pil tende a ridursi se la crescita nominale del Pil è superiore al costo del debito, un'inflazione che gonfi il pil nominale unita a una repressione finanziaria che tenga basso il costo del debito a suon di monetizzazione indiretta (questo è il QE) è la combinazione migliore per gli Stati indebitati. Ancorché non possano dirlo esplicitamente.
Ora, Draghi e Macron ritengono che le regole del Patto di Stabilità (come riviste dal Fiscal Compact) siano "oscure e troppo complesse", oltre ad aver "limitato l'azione dei governi durante le crisi e gravato sulla politica monetaria. Inoltre, non sono riuscite a incentivare la spesa pubblica a difesa della nostra sovranità."
Non mi è noto cosa pensasse qualche anno fa Macron, quando ancora non si era dato alla politica. Ma vi è traccia di quanto dichiarava Draghi, allora presidente della BCE, che non era particolarmente critico verso ciò che ora definisce oscuro e complesso. Nel 2014, per esempio, ricordando la vulnerabilità dei Paesi ad alto debito al rialzo dei tassi di interesse, riferendosi alle regole del Fiscal Compact dichiarava:"essenziale è che queste regole vengano applicate".
Ecco, sarò forse considerato rigido, ma preferisco le perosne che non cambiano opinione a seconda del ruolo che hanno.
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