Scorie - Diritti compressi o ricavi compressi?
"Le disposizioni del decreto legge, escludendo l'utilizzo della stampa per
la pubblicazione di una serie di importanti informazioni delle società
quotate, comportano un'oggettiva compressione della facilità di accesso a
notizie importanti per il mondo degli investitori e dei risparmiatori."
(M. Costa)
Maurizio Costa, presidente della Fieg, si lamenta a nome dei propri
rappresentati per via di un provvedimento che rimuoverebbe l'obbligo da
parte delle società quotate in Borsa di pubblicare a pagamento sui giornali
"una serie di importanti informazioni".
La conferma che si tratta di una battaglia di retroguardia di una
corporazione viene dalla smentita (non sollecitata) da parte dello stesso
Costa. Secondo la Fieg, consentire la pubblicazione delle stesse
informazioni su siti internet comporterebbe "un'oggettiva compressione
della facilità di accesso a notizie importanti per il mondo degli
investitori e dei risparmiatori".
La parte più corposa delle "importanti notizie" riguarda la pubblicazione
della sezione relativa ai rischi connessi all'investimento in occasione di
offerte pubbliche di sottoscrizione/vendita. Le società emittenti sono
costrette da un approccio paranoico del legislatore e dei regolatori
italiani a compilare una sezione rischi nella quale sono incluse poche
informazioni di buon senso e una miriade di informazioni inutili o
superflue, prova ne sia che i prospetti informativi in Italia sono molto
più voluminosi che altrove.
Posto che così si confondono i concetti di quantità e di qualità delle
informazioni (cosa peraltro non imputabile alla Fieg, ma al legislatore e
alla Consob), rendere la pubblicazione obbligatoria su almeno un quotidiano
non credo conferisca alcun reale beneficio a chi fosse eventualmente
interessato a leggere quelle informazioni. Anche perché, per comprimere lo
spazio (e il costo), le società scrivono con caratteri visibili solo al
microscopio.
Gli unici veri beneficiari sono, quindi, i giornali, che vendono spazi e
aumentano gli introiti (poco o tanto che sia, non fa differenza da un punto
di vista del principio) solo in virtù dell'obbligo posto a carico delle
società quotate o quotande.
Almeno avessero la decenza di non spacciare un loro interesse per quello
degli investitori.
la pubblicazione di una serie di importanti informazioni delle società
quotate, comportano un'oggettiva compressione della facilità di accesso a
notizie importanti per il mondo degli investitori e dei risparmiatori."
(M. Costa)
Maurizio Costa, presidente della Fieg, si lamenta a nome dei propri
rappresentati per via di un provvedimento che rimuoverebbe l'obbligo da
parte delle società quotate in Borsa di pubblicare a pagamento sui giornali
"una serie di importanti informazioni".
La conferma che si tratta di una battaglia di retroguardia di una
corporazione viene dalla smentita (non sollecitata) da parte dello stesso
Costa. Secondo la Fieg, consentire la pubblicazione delle stesse
informazioni su siti internet comporterebbe "un'oggettiva compressione
della facilità di accesso a notizie importanti per il mondo degli
investitori e dei risparmiatori".
La parte più corposa delle "importanti notizie" riguarda la pubblicazione
della sezione relativa ai rischi connessi all'investimento in occasione di
offerte pubbliche di sottoscrizione/vendita. Le società emittenti sono
costrette da un approccio paranoico del legislatore e dei regolatori
italiani a compilare una sezione rischi nella quale sono incluse poche
informazioni di buon senso e una miriade di informazioni inutili o
superflue, prova ne sia che i prospetti informativi in Italia sono molto
più voluminosi che altrove.
Posto che così si confondono i concetti di quantità e di qualità delle
informazioni (cosa peraltro non imputabile alla Fieg, ma al legislatore e
alla Consob), rendere la pubblicazione obbligatoria su almeno un quotidiano
non credo conferisca alcun reale beneficio a chi fosse eventualmente
interessato a leggere quelle informazioni. Anche perché, per comprimere lo
spazio (e il costo), le società scrivono con caratteri visibili solo al
microscopio.
Gli unici veri beneficiari sono, quindi, i giornali, che vendono spazi e
aumentano gli introiti (poco o tanto che sia, non fa differenza da un punto
di vista del principio) solo in virtù dell'obbligo posto a carico delle
società quotate o quotande.
Almeno avessero la decenza di non spacciare un loro interesse per quello
degli investitori.
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