Scorie - Debiti digitali
"Ogni singolo euro investito in infrastrutture digitali va escluso dal
Patto di stabilità Ue. Quello tra austerity e flessibilità è un derby
ideologico. Perché se io investo nelle infrastrutture digitali, io investo
nel futuro e non è un costo, rispetto certo le raccomandazioni europee ma
vengo incontro alle persone e non è un costo."
(M. Renzi)
Intervenendo a un evento sul tema delle applicazioni e delle infrastrutture
digitali, Matteo Renzi ha colto la palla al balzo per rilanciare il solito
cavallo di battaglia socialista: escludere dal calcolo del deficit pubblico
le spese per investimenti in questo o quel settore. Ovviamente il settore è
quello del quale si sta di volta in volta discutendo.
C'è sempre un duplice problema: in primo luogo, stabilire cosa è
investimento pubblico e cosa spesa corrente è, in ultima analisi, una
decisione politica, il che comporta il rischio che passi per investimento
qualsiasi spesa. In fin dei conti, quando Renzi afferma "vengo incontro
alle persone e non è un costo", potrebbe riferirsi a tante cose, dato che
per ogni euro speso c'è qualche beneficiario al quale indubbiamente si è
andati incontro. Perfino assumere un dipendente pubblico e metterlo a
scaldare una sedia equivale ad andargli incontro (ovviamente con i soldi
altrui) e a priori si può pure sostenere che la produttività di quella
persona sarà superiore al costo. Il problema è che ex post la cosa potrebbe
non essere vera (spesso non lo è), ma guai poi a toccare quel posto di
lavoro.
In secondo luogo, ogni spesa, anche se classificata come investimento,
necessita di essere finanziata con denaro. E il denaro lo Stato lo può
prendere solo tassando oggi o indebitandosi (e quindi tassando domani,
direttamente o mediante inflazione). Quindi si può anche far finta che il
deficit non esista, o che il bilancio sia in surplus, ma si tratterebbe
semplicemente di creare una discrepanza tra la realtà e la rappresentazione
contabile. Quanto, poi, alla redditività futura dell'investimento, spesso a
consuntivo i conti non tornano, come accennavo poc'anzi.
Ciò detto, ben vengano le infrastrutture digitali, ma non si vede per quale
motivo debbano essere pubbliche. Non è lo Stato che deve fare investimenti,
bensì i privati, che assumono rischi in proprio e non impongono ad altri (i
cosiddetti contribuenti) di assumere rischi e oneri di iniziative prese dal
pianificatore governativo di turno.
A forza di investimenti per il futuro di qualcuno, il debito pubblico
accumulato è enorme. O facciamo finta che non ci sia neppure quello?
Patto di stabilità Ue. Quello tra austerity e flessibilità è un derby
ideologico. Perché se io investo nelle infrastrutture digitali, io investo
nel futuro e non è un costo, rispetto certo le raccomandazioni europee ma
vengo incontro alle persone e non è un costo."
(M. Renzi)
Intervenendo a un evento sul tema delle applicazioni e delle infrastrutture
digitali, Matteo Renzi ha colto la palla al balzo per rilanciare il solito
cavallo di battaglia socialista: escludere dal calcolo del deficit pubblico
le spese per investimenti in questo o quel settore. Ovviamente il settore è
quello del quale si sta di volta in volta discutendo.
C'è sempre un duplice problema: in primo luogo, stabilire cosa è
investimento pubblico e cosa spesa corrente è, in ultima analisi, una
decisione politica, il che comporta il rischio che passi per investimento
qualsiasi spesa. In fin dei conti, quando Renzi afferma "vengo incontro
alle persone e non è un costo", potrebbe riferirsi a tante cose, dato che
per ogni euro speso c'è qualche beneficiario al quale indubbiamente si è
andati incontro. Perfino assumere un dipendente pubblico e metterlo a
scaldare una sedia equivale ad andargli incontro (ovviamente con i soldi
altrui) e a priori si può pure sostenere che la produttività di quella
persona sarà superiore al costo. Il problema è che ex post la cosa potrebbe
non essere vera (spesso non lo è), ma guai poi a toccare quel posto di
lavoro.
In secondo luogo, ogni spesa, anche se classificata come investimento,
necessita di essere finanziata con denaro. E il denaro lo Stato lo può
prendere solo tassando oggi o indebitandosi (e quindi tassando domani,
direttamente o mediante inflazione). Quindi si può anche far finta che il
deficit non esista, o che il bilancio sia in surplus, ma si tratterebbe
semplicemente di creare una discrepanza tra la realtà e la rappresentazione
contabile. Quanto, poi, alla redditività futura dell'investimento, spesso a
consuntivo i conti non tornano, come accennavo poc'anzi.
Ciò detto, ben vengano le infrastrutture digitali, ma non si vede per quale
motivo debbano essere pubbliche. Non è lo Stato che deve fare investimenti,
bensì i privati, che assumono rischi in proprio e non impongono ad altri (i
cosiddetti contribuenti) di assumere rischi e oneri di iniziative prese dal
pianificatore governativo di turno.
A forza di investimenti per il futuro di qualcuno, il debito pubblico
accumulato è enorme. O facciamo finta che non ci sia neppure quello?
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