Scorie - L'eterna illusione del merito nella PA

La Corte costituzionale ha giudicato illegittimo il tetto retributivo di 255mila euro annui per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni. Ovviamente in questi casi non ci può essere neppure il sospetto che vi sia un interesse di categoria. Ci mancherebbe.

Secondo Paolo Zangrillo, ministro della Pubblica amministrazione, la sentenza "è ineccepibile, perché quel tetto nasceva per contrastare una situazione di emergenza sui conti pubblici e un'emergenza non può durare 11 anni. Ma il tema non va banalizzato. Quando circa un anno fa esprimevo la necessità di una seria riflessione su questo, lo facevo perché una Pa che ha l'ambizione di coltivare e trattenere talenti deve essere capace di esprimere dinamiche retributive che si confrontino con il privato, rispetto al quale per alcune professionalità i nostri stipendi sono inferiori anche di cinque o sei volte. Ma se la riflessione è seria il confronto con il mercato deve investire anche le dinamiche organizzative, garantendo che i soldi riconosciuti ai nostri dirigenti siano spesi bene. E una Pa in cui il 98% dei dirigenti è giudicato eccellente, questa garanzia non la dà. Quindi dobbiamo prima guardare in casa nostra, e il disegno di legge sul merito risponde a questa esigenza. Dopo aver creato le condizioni per gestirlo in modo serio, possiamo ripensare il meccanismo delle retribuzioni."

Sono almeno due decenni che i ministri competenti raccontano di avere la soluzione per un problema che, al contrario, risolvibile non mi pare.

Ludwig von Mises ha analizzato lucidamente il fenomeno nel suo "Burocrazia" e i termini della questione sono gli stessi di allora. Pubblica ammininstrazione e mercato sono sistemi diversi e alternativi, con strutture di incentivi individuali agli antipodi.

Non è un caso che il 98% dei dirigenti sia giudicato eccellente, perché non vi è alcun reale disincentivo o conseguenza negativa, per chi rilascia quel giudizio, nel caso in cui l'eccellenza non sia tale. Eccellenza che, sul mercato, può essere giudicata molto meglio tramite i risultati aziendali, che a loro volta dipendono, quanto meno a lungo termine, dalla capacità di soddisfare meglio della concorrenza i bisogni dei clienti.

Pensare che l'ennesimo disegno di legge possa risolvere il problema è, nella migliore delle ipotesi, una pia illusione. Nella peggiore, l'ennesima presa per i fondelli dei pagatori di tasse, per di più con conto a loro carico.

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