Scorie - La corruzione non si elimina con i supereroi
Il classico articolo dedicato a commentare fenomeni di corruzione di chi ha funzioni pubbliche parte dall'articolo 54 della (sacra) Costituzione:
"I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina e onore."
Lo fa, per esempio, Federico Maurizio D'Andrea, che poi si lascia prendere un po' la mano dalla retorica, a mio parere, quando scrive:
"Se non si parte dal ricordare che la tutela del proprio onore non ha prezzo, non è barattabile con niente e non è vendibile a nessuno; se non si recupera il senso della tutela della propria dignità; se tutto questo continua a essere deriso dai più; ebbene, è facile prevedere che si continuerà ad assistere a uno scadimento etico che, nel tempo, comporterà un, se possibile ancor più profondo, declassamento morale. Dimenticando che, senza il rispetto generalizzato e continuativo delle regole, nel medio periodo, il rischio attiene alla stessa convivenza democratica, che non può esistere senza legalità; e dimenticando anche che, nell'immediato, gli effetti economici, finanziari e patrimoniali del malaffare, comportano necessariamente l'irregolare andamento del mercato (su cui molto poco si riflette), preda di mani che sono "invisibili" solo perché ben nascoste in una opaca rete di potere e di connivenze diffuse."
E quindi "bisogna, infatti, chiedersi, perché, nel nostro Paese, il malaffare emerga solo a seguito di indagini giudiziarie e perché non funzionino i preventivi sistemi di controllo, pur in presenza di una miriade di controllori. Non sono le episodiche scoperte di qualche malaffare che fanno la differenza: se non si cambia il paradigma, se non si inculcano i principi dell'onore e della dignità personale, se le classi dirigenti continuano a connotarsi per una spaventosa mediocrità culturale, diffondendo, peraltro, il convincimento della non necessarietà dello studio e dell'approfondimento, se l'homo politicus diventa homo oeconomicus; la società, tutta, continuerà a non incamminarsi sulla strada di quel progresso culturale e civile che, pure, dovrebbe essere l'unico obiettivo di coloro ai quali sono «affidate funzioni pubbliche». Dalla inesistenza del senso dell'autonomia del controllo interno originano tanti mali, non identificabili, banalmente, con le illiceità di questo o quel personaggio che, di fatto, svende la propria funzione per un piatto di lenticchie o una bottiglia di champagne."
La soluzione?
"Per riaffermare il senso del limite, che dovrebbe essere il vero dominatore di ogni comunità democratica, è necessario contrastare il senso di diffusa impunità, con il coevo senso di onnipotenza: e questo può e deve avvenire anche per il tramite di indipendenti attività di controllo che, prima, molto prima, di essere un problema di polizia e magistratura è un problema interno a ogni singola amministrazione, dove pure pullulano i controllori e mancano i controlli. Non c'è amministrazione pubblica, infatti, che non contempli, al proprio interno, un responsabile per la trasparenza, un responsabile anticorruzione, un compliance manager, un internal audit: il problema è la qualità di chi è chiamato a ricoprire queste funzioni, ancora troppo considerate solo come obbligatori "orpelli" di cui si farebbe volentieri a meno."
E via proseguendo, con la descrizione delle caratteristiche del pubblico ufficiale integerrimo. Che esiste indubbiamente, ma che non credo possa essere la soluzione. In altri termini, e senza scomodare il Friedrich von Hayek di "La via della schiavitù" sul perché nel pubblico emergono i peggiori, non è contando sulla onestà delle persone che si risolve il problema della corruzione, bensì riducendo le occasioni per essere corrotti.
E questo è possibile solo riducendo il raggio d'azione dello Stsato, in tutte le sue articolazioni. Non è un caso che i controllori si siano molteplicati nel tempo, ma la corruzione sia viva e vegeta.
In ultima analisi, la qualità delle è solo una parte del problema e non è ragionevole pensare di avere solo supereroi nella publbica amministrazione. Non fosse altro per il fatto che i supereroi, per definizione, sono l'eccezione, non la regola. Altrimenti non sarebbero super, e neppure eroi.
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