Scorie - Il silenzio del bevitore sulla Brexit

Alla vigilia del voto per le elezioni europee, il presidente uscente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha affermato che assecondare la richiesta del primo ministro dell'epoca (David Cameron) di non intervenire nel dibattito pre-elettorale ai tempi del referendum sulla Brexit fu un errore.

"L'allora premier mi chiese di non interferire, di non intervenire nella campagna per il referendum, sostenendo che sarebbe stato controproducente." Secondo Juncker, lui e gli altri membri della Commissione sarebbero stati "gli unici a smantellare le bugie che venivano raccontate. Ho sbagliato a rimanere in silenzio in un momento così importante."

Non è possibile affermare con certezza se Juncker abbia ragione o torto, anche se una credo valga una considerazione di carattere generale in merito al tenore dei dibattiti pro o contro l'Unione europea: essi sono generalmente dominati da versioni basate poco sui fatti e ancor mano sulla logica, sia da parte degli europeisti, sia da parte degli oppositori.

In Italia ne sappiamo qualcosa: basta ricordare il dibattito della seconda metà degli anni Novanta in merito agli effetti dell'adesione all'unione monetaria europea. Per i favorevoli c'erano solo vantaggi e le condizioni per beneficiare di tali vantaggi erano del tutto taciute. Specularmente, per i contrari c'erano solo svantaggi. Prevalsero di gran lunga i primi, e credo che la disillusione crescente tra gli italiani, soprattutto dopo il 2008, sia dovuta in buona parte al non essere stati messi adeguatamente al corrente delle condizioni necessarie per trarre i benefici di una moneta che, seppure fiat, assomiglia più al marco tedesco che alla lira e che non si addice a un Paese ad alta densità di intossicati di spesa pubblica in deficit tanto tra gli eletti quanto tra gli elettori.

A fine maggio Juncker potrà comunque avere un indizio su come la pensano i britannici, dato che l'eterno rinvio di Brexit renderà necessaria la loro partecipazione alle elezioni europee. Se il Brexit Party otterrà un consenso solido, forse vorrà dire che quel silenzio del 2016 non fu controproducente, ma ininfluente.


 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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