Scorie - Danno i numeri




L'Istat ha pubblicato la prima stima sul Pil del quarto trimestre 2018, che è diminuito dello 0.2% rispetto al trimestre precedente. Essendo il secondo trimestre consecutivo con il segno meno, convenzionalmente l'Italia è in recessione.

Secondo governo e maggioranza, è colpa del rallentamento a livello internazionale e anche del governo precedente, tacciato di avere praticato l'austerità. Secondo le opposizioni è colpa del governo in carica.

Credo che, volendo ragionare da non tifosi, sia in parte effetto del rallentamento internazionale e in parte delle gesta, anche oratorie, di chi governa l'Italia dallo scorso giugno (disclaimer: credo di non essere mai stato indulgente con chi governava prima). Considerando che l'export non ha comunque deluso, mentre gli investimenti sì, un effetto per così dire endogeno a me pare abbastanza chiaro.

Conte, Di Maio e Salvini, noti esperti quando si tratta di (dare i) numeri, vanno dicendosi certi che le cose andranno molto meglio nel corso dell'anno, contrastando le stime di quasi tutti coloro che si cimentano in questo genere di previsioni, oltre che il buon senso.

Per esempio, Salvini, che negli ultimi giorni si rallegra dei risultati delle aste di BOT quando fino a poche settimane fa, di fronte alla salita dello spread, diceva di fregarsene,  ha affermato:

"Alla fine di questo anno avremo il segno più, ne sono convinto. Escludo manovre: se ce ne saranno, saranno solo per ridurre le tasse."

A Salvini pare sfuggire il fatto che avere il segno più non risolve il problema, che per la finanza pubblica è tanto maggiore quanto minore è il numero dopo il segno più, soprattutto considerando che dapprima il governo puntava a +1.5%, poi ha abbassato la previsione a un ancora irrealistico +1%.

Considerando che nel primo trimestre le cose difficilmente andranno molto meglio che in quello precedente, anche se nei restanti tre ci fosse una ripresa, arrivare a +1% è del tutto improbabile.

Con un primo trimestre a crescita zero, servirebbero tre trimestri a +0.8% (3.2% annualizzato) per raggiungere l'obiettivo del governo: roba che in Italia non succede da vent'anni e anche allora era già una rarità.

Quanto alla riduzione delle tasse, purtroppo se contemporaneamente non solo non si riduce, bensì si aumenta la spesa pubblica, si tratta di una promessa non credibile. Anche l'eventuale riduzione avrebbe vita breve, perché arriverebbe inevitabilmente un "Monti moment" con conseguente mazzolata fiscale per tappare i buchi di bilancio.

Per quanto mi riguarda, sarò sempre diffidente nei confronti di chi promette tagli di tasse e aumenti di spesa. Soprattutto di chi è esperto quando si tratta di (dare i) numeri.







 
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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