Scorie - Con questa gente mi tocca pure difendere un keynesiano

Riferendosi al ministro dell'Economia, Giovanni Tria, in questi giorni di nuovo sotto tiro da parte dei pentastellati per avere assunto una linea pro TAV, il sottosegretario Stefano Buffagni ha affermato:

"Il ragionamento che faccio è un altro: ciascuno di noi deve fare il suo lavoro. Se sei andato a prendere un impegno all'1,6 senza averlo concordato con i tuoi numeri uno, con quelli che avevano i voti, hai generato un danno successivo."

Qui siamo allo stravolgimento totale di come andarono le cose. Con uno spread impennatosi durante la gestazione del "contratto per il governo del cambiamento", tra ipotesi di emissioni di mini BOT e cancellazione di 250 miliardi di debito pubblico in pancia alla Banca d'Italia, Tria fu nominato ministro dell'Economia a seguito del sostanziale rifiuto da parte del presidente della Repubblica di mettere su quella poltrona Paolo "Piano B" Savona.

Il governo precedente, come consuetudine dei governi a guida PD, aveva indicato nel DEF un obiettivo di deficit pari allo 0.8% del Pil per il 2019. Anche qualora la maggioranza uscita dalle urne il 4 marzo 2018 fosse stata quella della legislatura precedente, è lecito supporre che il governo sarebbe poi andato a chiedere "flessibilità" alla Commissione europea, come era avvenuto tutti gli anni precedenti.

Tria andò a trattare in estate cercando un compromesso che calmasse lo spread, pur raddoppiando l'obiettivo di rapporto tra deficit e Pil rispetto agli impegni presi dal governo precedente nel DEF. Il tutto mentre Di Maio, Salvini e altri personaggi del sottobosco di maggioranza peggioravano le cose ogni volta che aprivano bocca (ossia 24 ore al giorno).

Il danno vero, quindi, non lo ha fatto Tria. Il quale è semplicemente un keynesiano come ce ne sono tanti nel mondo accademico italiano. Ciò che penso dei keynesiani dovrebbe essere noto, il che non toglie che Tria sia molto meno peggio e molto meno dannoso di tutti quelli che siedono nel Consiglio dei ministri assieme a lui.

Il che è tutto dire.



 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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