Scorie - Ridurre le tasse in deficit sarebbe un fuoco di paglia
In un lungo articolo pubblicato sul Sole 24Ore, Matteo Renzi propone, tra le altre cose, che sia concessa più flessibilità (ossia la possibilità di fare maggiore deficit) ai Paesi che riducono le tasse.
Ecco un estratto del Renzi pensiero:
"Noi abbiamo combattuto e vinto la battaglia sulla flessibilità, ma non è sufficiente: come garantirne ulteriori forme a quei Paesi europei che vogliono stimolare la crescita anche ricorrendo a manovre in (limitato) deficit? Le regole europee richiedono su questo punto un aggiornamento almeno nella loro interpretazione. Sarebbe assurdo lasciare questo tema, da sempre nostro, nelle mani dei sovranisti. Quando noi chiedevamo di superare il Fiscal compact, loro chiedevano di abbandonare l'euro; adesso che stanno ripiegando sulle nostre posizioni, non possiamo permettere che siano loro a guidare una battaglia giusta e sacrosanta: più crescita, meno austerity. Io penso che l'unico compromesso possibile tra rigoristi e sostenitori della crescita possa e debba essere un accordo in cui si concedono spazi di deficit solo a chi si impegna alla riduzione della pressione fiscale, senza alcuna possibilità di deviare dalle riforme strutturali. Usare la flessibilità per i prepensionamenti o per regalare soldi a chi già fa un lavoro in nero è inaccettabile. Ma ottenere forme concordate di flessibilità in cambio di una riduzione fiscale secca è esattamente ciò che serve. L'Italia ha bisogno di una riduzione della pressione fiscale, a tutti i livelli. Ma sei credibile se combatti l'evasione, non se fai condoni. Se combatti il lavoro in nero, non se lo agevoli. Del resto, il problema dell'Italia continua a essere il fisco. Ma anche in Europa esiste un tema di omogeneizzazione delle norme fiscali che, prima o poi, diventerà centrale, non potendosi Bruxelles più permettere di oscillare tra paradisi fiscali e inferni burocratici."
Premesso che l'austerità è stata molto più un tema di rivendicazione da parte dei tossici della spesa pubblica in deficit piuttosto che una pratica di impostazione delle leggi di bilancio, la critica renziana ai provvedimenti simbolo del governo attuale è di per sé condivisibile.
Il problema, però, è che i provvedimenti simbolo del renzismo di governo, per esempio gli 80 euro e il bonus ai diciottenni, non sono poi così diversi da quelli che lui critica. Difficilmente possono essere classificati tra le mitologiche riforme strutturali.
Non sarò certo io a negare che l'Italia abbia bisogno di una riduzione della pressione fiscale, ma ciò non è credibilmente fattibile, data la situazione di finanza pubblica stratificatasi nei decenni, se si pensa di farlo in deficit.
Né, credo, gli altri Paesi europei sarebbero disposti a concedere tale "flessibilità". Solo riducendo strutturalmente la spesa pubblica si può pensare di ridurre stabilmente e credibilmente la pressione fiscale. Tutto il resto non sarebbe altro che un provvedimento di breve respiro, utile a vincere una tornata elettorale, ma foriero di (ulteriori) danni a carico dei pagatori di tasse.
Ecco un estratto del Renzi pensiero:
"Noi abbiamo combattuto e vinto la battaglia sulla flessibilità, ma non è sufficiente: come garantirne ulteriori forme a quei Paesi europei che vogliono stimolare la crescita anche ricorrendo a manovre in (limitato) deficit? Le regole europee richiedono su questo punto un aggiornamento almeno nella loro interpretazione. Sarebbe assurdo lasciare questo tema, da sempre nostro, nelle mani dei sovranisti. Quando noi chiedevamo di superare il Fiscal compact, loro chiedevano di abbandonare l'euro; adesso che stanno ripiegando sulle nostre posizioni, non possiamo permettere che siano loro a guidare una battaglia giusta e sacrosanta: più crescita, meno austerity. Io penso che l'unico compromesso possibile tra rigoristi e sostenitori della crescita possa e debba essere un accordo in cui si concedono spazi di deficit solo a chi si impegna alla riduzione della pressione fiscale, senza alcuna possibilità di deviare dalle riforme strutturali. Usare la flessibilità per i prepensionamenti o per regalare soldi a chi già fa un lavoro in nero è inaccettabile. Ma ottenere forme concordate di flessibilità in cambio di una riduzione fiscale secca è esattamente ciò che serve. L'Italia ha bisogno di una riduzione della pressione fiscale, a tutti i livelli. Ma sei credibile se combatti l'evasione, non se fai condoni. Se combatti il lavoro in nero, non se lo agevoli. Del resto, il problema dell'Italia continua a essere il fisco. Ma anche in Europa esiste un tema di omogeneizzazione delle norme fiscali che, prima o poi, diventerà centrale, non potendosi Bruxelles più permettere di oscillare tra paradisi fiscali e inferni burocratici."
Premesso che l'austerità è stata molto più un tema di rivendicazione da parte dei tossici della spesa pubblica in deficit piuttosto che una pratica di impostazione delle leggi di bilancio, la critica renziana ai provvedimenti simbolo del governo attuale è di per sé condivisibile.
Il problema, però, è che i provvedimenti simbolo del renzismo di governo, per esempio gli 80 euro e il bonus ai diciottenni, non sono poi così diversi da quelli che lui critica. Difficilmente possono essere classificati tra le mitologiche riforme strutturali.
Non sarò certo io a negare che l'Italia abbia bisogno di una riduzione della pressione fiscale, ma ciò non è credibilmente fattibile, data la situazione di finanza pubblica stratificatasi nei decenni, se si pensa di farlo in deficit.
Né, credo, gli altri Paesi europei sarebbero disposti a concedere tale "flessibilità". Solo riducendo strutturalmente la spesa pubblica si può pensare di ridurre stabilmente e credibilmente la pressione fiscale. Tutto il resto non sarebbe altro che un provvedimento di breve respiro, utile a vincere una tornata elettorale, ma foriero di (ulteriori) danni a carico dei pagatori di tasse.
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