Scorie - Peggio che errare è non imparare nulla dagli errori compiuti




Donato Masciandaro, professore alla Bocconi ed editorialista sul Sole 24Ore devoto di Mario Draghi (del quale osanna ogni cosa detta o fatta), ha scritto un articolo che a me è sembrato grottesco.

Ecco l'esordio.

"In una fase di ripresa economica, l'instabilità finanziaria è come una brace sotto la cenere; la sua reale pericolosità può essere molto maggiore di quella percepita. Per cui qualunque shock di incertezza – come può essere la situazione politica dell'Italia, con il suo debito – diventa un pericoloso fiammifero."

Fin qui, nulla da eccepire. Poi viene il bello, se così lo si vuole definire.

"L'Unione europea deve perciò decidere se essere sabbia – disegnando subito le relative politiche di riduzione e distribuzione dei rischi – o benzina, continuando a non far nulla. Ieri Mario Draghi è tornato a far sentire la voce della Bce sul tema della necessità di tutelare i Paesi membri dell'Unione da nuovi rischi di instabilità finanziaria. L'Europa deve promuovere, oltre a una maggiore integrazione economica, anche una maggiore stabilità finanziaria, completando i suoi pilastri dell'unione bancaria e dei mercati dei capitali. Ogni ritardo accresce il rischio finanziario sistemico, o dell'eccesso di debito."

Al di là delle opinioni su cosa debba (o non debba) fare l'Unione europea, lo stallo è dovuto alla sostanziale mancanza di fiducia reciproca tra i Paesi aderenti. Da una parte, chi corre il rischio di pagare il conto di altri vuole che prima della condivisione venga la riduzione; dall'altra si chiede l'opposto.

Masciandaro sembra però non trovare nulla da eccepire nell'attività della Bce.

In merito alla crisi:

"L'analisi scientifica dei rischi finanziari si era cullata in una doppia illusione: calcolare il rischio a livello di singola banca, mercato o strumento equivale a tenere sotto controllo il rischio a livello aggregato; l'eccesso di assunzione di rischio può essere evitato sempre e comunque con una regolamentazione prudenziale."

Si noti che lo stesso Draghi, a fronte delle critiche alle politiche monetarie ultraespansive, ha ripetuto fino alla nausea che per contenere i rischi di instabilità si devono usare (e sono sufficienti) i provvedimenti macroprudenziali.
"Crollata sotto i colpi della Crisi la doppia illusione, si è iniziato a studiare il rischio sistemico sotto una nuova luce, cercando di identificarne le caratteristiche, al fine di disegnare le opportune politiche in termini di prevenzione e di gestione. La ricerca economica ha fatto qualche passo, di cui almeno uno è fondamentale: il rischio sistemico germoglia nella fase positiva del ciclo economico. Come è quella che stiamo vivendo. Il meccanismo è semplice: durante le fasi espansive, tende a crearsi un eccesso di debito, che può essere privato o pubblico, o un intreccio tra i due. Anche questo fenomeno è stato ricordato per l'Unione da Draghi. L'eccesso di debito crea distorsioni nell'allocazione delle risorse: ricevono fondi soggetti che non li meritano; chiamiamoli debitori zombie, siano esse imprese, famiglie o governanti. In aggregato, il rischio sistemico tende ad aumentare. Ma c'è di più: l'aumento è occulto, non viene percepito. Le ragioni sono molteplici, integrate tra loro: perché il rischio sistemico è difficile da stimare, quindi da prevenire. Inoltre, forse soprattutto, ci sono le ragioni politiche. Mettere in luce la relazione tra ciclo economico favorevole e creazione di rischio sistemico significa spegnere la musica durante una festa. Infatti occorrerebbe mettere in atto politiche cosiddette anticicliche, che significa più semplicemente prudenti. Le politiche prudenti possono non piacere alle banche e alla finanza in generale, che vivono di debito. Ma possono non piacere alla politica, soprattutto dove l'eccesso di debito si è già accumulato nel settore pubblico, come nel caso dell'Italia. Ma i nodi prima o poi vengono al pettine: l'eccesso di debito può divenire come braci nascoste sotto la cenere. A quel punto, il fiammifero deflagrante può essere rappresentato da qualunque shock di incertezza, inclusa l'attuale situazione del nostro Paese."

Questa è la parte grottesca. In primo luogo, non è una scoperta recente la dinamica del ciclo economico descritta da Masciandaro. Gli economisti di scuola Austriaca ne hanno spiegato le cause e le conseguenze da un secolo. Perfino da parte keynesiana, gli studi di Hyman Minsky risalgono agli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso.

Risulta fondamentale il fatto che, alla base dell'accumulazione di debito, vi sono le politiche monetarie espansive. Queste sono la vera benzina nel motore della formazione di un eccesso di debito e della allocazione distorta delle risorse.

Come non individuare neppure un minimo punto di contatto tra la riduzione dei tassi di interesse, il Qe, le TLTRO2 e la crescita del debito?

Come non rendersi conto che tassi di interesse artificialmente bassi rendono apparentemente sostenibile una quantità di debito più alta, salvo poi generare default a catena in una fase di rialzo?

Perché è indubbiamente vero che "i nodi prima o poi vengono al pettine".

Ma per Masciandaro non va messa in dubbio la politica monetaria. Al contrario:

"L'Europa sarà sabbia se proseguirà il cammino verso l'Unione bancaria e dei mercati dei capitali, senza aspettare la prossima crisi finanziaria."

Peggio che errare è non imparare nulla dagli errori compiuti.
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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