Scorie - Non esistono formule magiche per ridurre il debito
Sono in tanti gli economisti che, negli ultimi anni, hanno cercato soluzioni per ridurre il debito pubblico evitando ristrutturazioni dolorose e "disordinate".
Lucrezia Reichlin, coordinando un gruppo di economisti di diversi orientamenti, propone di "instaurare un meccanismo che renda possibile la ristrutturazione del debito pubblico in Paesi non solvibili. E per evitare che ciò sia destabilizzante proponiamo che preventivamente sia concluso un patto per abbattere subito una parte del debito ereditato dalla crisi con un sistema che, a differenza degli eurobond, non implica garanzie comuni ma utilizza risorse quasi esclusivamente nazionali."
In sostanza, si eviterebbe la destabilizzazione tipica di un default, ma non vi sarebbero forme di mutualizzazione del debito tra Stati dell'unione monetaria. In pratica, si prospetta la possibilità di avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Secondo Reichlin:
"Quando un Paese diventa a rischio si adotta una serie di misure preventive, ma oltre un certo limite scatta la ristrutturazione secondo regole certe e conosciute ex-ante. Per evitare che il meccanismo, con molti Paesi ad alto debito, provochi attacchi speculativi, prima di arrivare a questa riforma si deve negoziare il patto per abbattere una parte del debito così da far tornare tutti a livelli tra il 90 e il 95%. Andrebbe creato un fondo di stabilità che compri una parte del debito di ogni Stato e finanzi gli acquisti e i costi per gli interessi con titoli di nuova natura garantiti dalle entrate fiscali future dei Paesi."
Non intendo entrare nel merito della fissazione del livello al 90-95%, limitandomi a sottolineare che nel caso dell'Italia, per arrivarci sarebbe necessaria una riduzione del debito compresa tra 600 e 700 miliardi. Non spiccioli.
In sostanza il fondo di stabilità dovrebbe comprare le eccedenze dai singoli Stati, finanziandosi emettendo obbligazioni garantite dalle future entrate fiscali degli Stati stessi.
Secondo Reichlin questa non sarebbe una mutualizzazione:
"Non sono eurobond perché le risorse a garanzia sono nazionali e non c'è mutualizzazione. Il fondo permette di scambiare debiti oggi non sicuri con debiti sicuri. Il meccanismo di ristrutturazione poi garantisce quella disciplina cara ai tedeschi che oggi non c'è."
Considerando che ogni debito pubblico è, in ultima analisi, finanziato con le entrate fiscali presenti e future dello Stato emittente, l'unico modo per rendere il debito in capo al fondo di stabilità meno oneroso (perché ritenuto meno rischioso) rispetto alla media ponderata di quelli dei singoli Stati consiste nel mutualizzare le garanzie sulle entrate fiscali.
Formalmente non saranno eurobond, ma nella sostanza non mi pare vi siano grandi differenze.
Ciò detto, per rimanere al caso dell'Italia, se il fondo dovesse comprare 600-700 miliardi di debito italiano finanziandosi per l'equivalente con garanzia derivante da entrate fiscali future, di fatto una parte di gettito fiscale dell'Italia dovrebbe essere prioritariamente destinata al servizio del debito emesso dal fondo. Il che, nella sostanza, renderebbe il restante debito pubblico italiano (presente e futuro) subordinato rispetto a quello emesso dal fondo, con annesso aumento del costo.
In definitiva, non esistono formule magiche per ridurre il debito.
Lucrezia Reichlin, coordinando un gruppo di economisti di diversi orientamenti, propone di "instaurare un meccanismo che renda possibile la ristrutturazione del debito pubblico in Paesi non solvibili. E per evitare che ciò sia destabilizzante proponiamo che preventivamente sia concluso un patto per abbattere subito una parte del debito ereditato dalla crisi con un sistema che, a differenza degli eurobond, non implica garanzie comuni ma utilizza risorse quasi esclusivamente nazionali."
In sostanza, si eviterebbe la destabilizzazione tipica di un default, ma non vi sarebbero forme di mutualizzazione del debito tra Stati dell'unione monetaria. In pratica, si prospetta la possibilità di avere la botte piena e la moglie ubriaca.
Secondo Reichlin:
"Quando un Paese diventa a rischio si adotta una serie di misure preventive, ma oltre un certo limite scatta la ristrutturazione secondo regole certe e conosciute ex-ante. Per evitare che il meccanismo, con molti Paesi ad alto debito, provochi attacchi speculativi, prima di arrivare a questa riforma si deve negoziare il patto per abbattere una parte del debito così da far tornare tutti a livelli tra il 90 e il 95%. Andrebbe creato un fondo di stabilità che compri una parte del debito di ogni Stato e finanzi gli acquisti e i costi per gli interessi con titoli di nuova natura garantiti dalle entrate fiscali future dei Paesi."
Non intendo entrare nel merito della fissazione del livello al 90-95%, limitandomi a sottolineare che nel caso dell'Italia, per arrivarci sarebbe necessaria una riduzione del debito compresa tra 600 e 700 miliardi. Non spiccioli.
In sostanza il fondo di stabilità dovrebbe comprare le eccedenze dai singoli Stati, finanziandosi emettendo obbligazioni garantite dalle future entrate fiscali degli Stati stessi.
Secondo Reichlin questa non sarebbe una mutualizzazione:
"Non sono eurobond perché le risorse a garanzia sono nazionali e non c'è mutualizzazione. Il fondo permette di scambiare debiti oggi non sicuri con debiti sicuri. Il meccanismo di ristrutturazione poi garantisce quella disciplina cara ai tedeschi che oggi non c'è."
Considerando che ogni debito pubblico è, in ultima analisi, finanziato con le entrate fiscali presenti e future dello Stato emittente, l'unico modo per rendere il debito in capo al fondo di stabilità meno oneroso (perché ritenuto meno rischioso) rispetto alla media ponderata di quelli dei singoli Stati consiste nel mutualizzare le garanzie sulle entrate fiscali.
Formalmente non saranno eurobond, ma nella sostanza non mi pare vi siano grandi differenze.
Ciò detto, per rimanere al caso dell'Italia, se il fondo dovesse comprare 600-700 miliardi di debito italiano finanziandosi per l'equivalente con garanzia derivante da entrate fiscali future, di fatto una parte di gettito fiscale dell'Italia dovrebbe essere prioritariamente destinata al servizio del debito emesso dal fondo. Il che, nella sostanza, renderebbe il restante debito pubblico italiano (presente e futuro) subordinato rispetto a quello emesso dal fondo, con annesso aumento del costo.
In definitiva, non esistono formule magiche per ridurre il debito.
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