Scorie - Le scelte (pat)etiche di Stellantis
Carlos Tavares, amministratore delegato di Stellantis, si è dimesso. Qualcuno potrebbe dire: era ora, anche se suppongo abbia agito in questi anni secondo le linee guida dategli dagli azionisti di controllo.
Dopo aver clamorosamente toppato sul mercato statunitense e aver provocato le proteste dei dealers locali che non ne potevano più di doversi imbottire di veicoli elettrici che restavano invenduti nei loro piazzali, Stellantis sta riconsiderando (e non è l'unica casa a farlo) la strategia del passaggio integrale all'elettrificazione.
L'idea stessa di ritirare dal mercato i modelli più venduti, che negli Stati Uniti sono pick-up a benzina, preferibilmente con motori V8, era stata un autogol. Vero è che la legislazione sulle emissioni, inasprita dall'amministrazione Biden, rendeva quasi obbligatoria l'estinzione dei motori V8, dato che è sostanzialmente impossibile rispettare i limiti di emissioni imposti per legge, quindi continuare a offrire al mercato ciò che i clienti vogliono comprare comporterebbe il pagamento di sanzioni.
Ma l'idea che i già pesanti pick-up possano avere senso una volta elettrificati è semplicemente allucinante. Già le automobili hanno scarsa autonomia, figuriamoci i pick-up.
Adesso Stellantis punta più su modelli ibridi, che per lo meno non sono totalmente dipendenti dall'autonomia delle batterie.
Secondo Tavares, la decisione è stata presa per "adeguarci alle mutevoli richieste del mercato e dei mercati in questa difficile fase di transizione."
In realtà di mutevole non ci sono le richieste del mercato, perché è chiaro che il mercato, tranne per una piccola nicchia, non chiede modelli elettrici. A essere mutevole, forse soprattutto negli Stati Uniti, è la legislazione, che probabilmente sarà con Trump meno talebana sull'elettrificazione.
Ancora Tavares:
"Noi, dal punto di vista etico, vogliamo stare dal lato giusto della storia e contribuire a risolvere il problema del riscaldamento globale. Tuttavia siamo anche pragmatici e ci rendiamo conto che l'accettazione delle auto elettriche da parte dei clienti in tutto il mondo non è quella attesa e sperata. Noi non siamo dogmatici e anche nel mercato Usa comprendiamo che ci sono esigenze diverse nei vari Stati e aree geografiche."
Francamente il richiamo all'etica poteva evitarlo, e dichiarazioni del genere un gigante come Sergio Marchionne non le avrebbe mai fatte. L'accettazione da parte dei clienti era abbastanza facilmente prevedibile che non ci sarebbe stata, considerando che i modelli elettrici hanno più contro che pro, oltre a costare di più. E l'automobilista medio non è come il (sinistrorso) benestante che può permettersi di avere più automobili, usando quella elettrica per i piccoli spostamenti e quella endotermica quando deve fare tragitti più lunghi senza l'ansia di rimanere con le batterie a zero.
Poi Tavares si rivolge ai legislatori:
"Ci sarebbe da chiedere ai leader mondiali, visti i dati di vendita delle Bev, come mai hanno imposto regole e tecnologie che il consumatore tende a rifiutare. Noi eticamente sosteniamo l'auto elettrica e sappiamo che chi la prova non torna indietro, ma vanno risolte tutte le criticità, anche di infrastruttura e difficoltà di uso, gestione e acquisto e possesso. E dovrebbe essere anche compito dei governi nazionali supportare quei consumatori che scelgono gli Ev. Noi pragmaticamente offriamo scelte diversificate, sostenibili e rispettose del lifestyle dei differenti clienti americani perché è ovvio che la taglia unica non funziona."
Detto che mi pare assai privo di fondamento e quanto meno prematuro affermare che chi prova l'auto elettrica non torna indietro, come ho segnalato più volte non è economicamente sostenibile (oltre che a mio parere non desiderabile) incentivare un mercato di massa. E se davvero avesse fatto scelte rispettose delle richieste dei clienti, non avrebbe fatto le mosse a cui ora sta cercando più o meno goffamente di porre rimedio.
Almeno avesse pudore.
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