Scorie - Negano l'evidenza come dischi rotti
I rappresentanti delle case automobilistiche suonano una musica scadente e per di più ripetitiva come se fossero dischi rotti.
Dopo aver speso miliardi in malinvestimenti guidati non da ciò che credevano avrebbe chiesto il mercato, bensì assecondando scondinzolanti i Timmermans di questo mondo e le loro nefaste ideologie green nella errata convinzione che la domanda si sarebbe poi adeguata, magari grazie a incentivi, adesso devono prendere atto che i conti non tornano. In parte perché una fetta di mercato non si rassegna a guidare elettrodomestici con le ruote; in parte perché tali elettrodomestici, oltre a essere a tutt'oggi inferiori alle vetture a combustione interna (si pensi solo al tempo necessario per una ricarica e alla sostanziale necessità di disporre di un garage privato), hanno anche prezzi inaccessibili a molti consumatori.
Questi signori hanno anche dovuto constatare un fatto da Economics 101: l'incentivo pagato da tasse non può essere esteso a un mercato di massa, per un mero problema di sostenibilità finanziaria.
Ciò nonostante, non perdono occasione di lamentarsi e invocare incentivi, ossia chiedere che i governi facciano pagare ai cittadini mediante tasse i loro errori e malinvestimenti. Anche (soprattutto) a quelli che, come me, hanno una totale repulsione per gli elettrodomestici con le ruote.
Si prenda, per esempio, Michele Crisi, presidente di Unrae, ossia l'associazione delle case produttrici di auto estere. Questo signore, a fronte dei dati orrendi per il mercato dell'auto in Italia (e in Europa), invoca "un piano organico che guardi a tutte le componenti economiche del comparto", una formula supercazzolara per chiedere altri soldi.
Aggiungendo, con una perseveranza che va oltre il diabolico, che "il Green deal non è responsabile del calo di produzione in Europa".
Qui siamo all'Igor di Frankenstein Junior e al suo "Gobba? Quale gobba?".
Prima delle demenze del Green Deal il mercato dell'auto non aveva la necessità di essere costantemente incentivato, certamente non nel modo massiccio che viene chiesto adesso. Ma secondo Crisci, per avere un mercato in salute occorre "supportare la value chain su ricariche elettriche, riciclo e economia circolare e puntare su una seria revisione della fiscalità sulle auto aziendali."
Tutte cose non necessarie prima del Green Deal. Ma se un mercato per essere in salute necessita di incentivi e sussidi di varia natura, vuol dire che c'è qualcosa che non va in modo strutturale.
Una sana autocritica, accompagnata da una richiesta di rivedere radicalmente il Green Deal (eliminarlo sarebbe la soluzione ottimale, ma poco realistica) sarebbe molto meglio, ma dubito che ci arriveremo. Il Green Deal ha gettato le basi legislative per ammazzare un settore produttivo per ridurre le emissioni di un misero 2% scarso.
Anche non volendo essere complottisti, non si può non constatare che Tafazzi era un dilettante in fatto di autolesionismo.
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