Scorie - La ricetta sbagliata per raffreddare il mercato immobiliare

Quando un'idea è demenziale, è quasi scontato che riscuota consenso. Per esempio, Conor Sen su Bloomberg Opinion commenta la proposta contenuta in un paper della Fed di Minneapolis per alleviare il problema dell'inaccessibilità alla proprietà immobiliare in diverse parti degli Stati Uniti.

L'idea consisterebbe nell'aumentare la tassa sulla proprietà degli immobili stessi. 

Bontà sua, Sen riconosce che si tratta "senza dubbio di un'idea impopolare per i proprietari di casa". Ma il problema è che l'offerta è troppo inferiore alla domanda e questo mantiene alti i prezzi.

E l'offerta è bassa anche perché chi ha contratto un mutuo trentennale a tasso fisso quando la politica monetaria era ultraespansiva non cambia casa, mentre chi chiede un mutuo adesso deve pagare tassi attorno al 7%.

Ma tutto questo da dove trae origine? Perché i prezzi delle case sono saliti così tanto e risultano inaccessibili, soprattutto ai giovani?

La Fed di Minneapolis (ovviamente) non lo dice, ma la politica monetaria espansiva ha avuto, tra i suoi effetti, anche quello di gonfiare i prezzi degli immobili. Poi anche politiche di restrizione delle amministrazioni locali in termini di permessi per costruire nuove case hanno contribuito a comprimere l'offerta, favorendo l'aumento dei prezzi.

Ma la soluzione non consiste nel tassare maggiormente i proprietari, inducendo così una riduzione dei prezzi di mercato. Piuttosto si dovrebbe consentire di costruire di più, con meno vincoli.

Uno potrebbe obiettare che l'aumento dell'offerta farebbe comunque calare i prezzi, a parità di altre condizioni. Il che è vero, ma non imporrebbe a chi è proprietario di pagare ogni anno più tasse di proprietà.

Basterebbe un po' di buon senso. Merce rara, evidentemente.

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