Scorie - Giggino pretende




In un crescendo quotidiano, Luigi Di Maio "pretende" che il ministro dell'Economia trovi i soldi per i provvedimenti che stanno a cuore allo statista di Pomigliano.

"Nessuno ha chiesto le dimissioni del ministro Tria, ma pretendo che il ministro dell'Economia di un governo del cambiamento trovi i soldi per gli italiani che momentaneamente sono in grande difficoltà. Gli italiani in difficoltà non possono più aspettare, lo stato non li può più lasciare soli e un ministro serio i soldi li deve trovare."

Aggiungendo poi:

"Lo stato è già in ritardo di 20 anni, ci sono famiglie italiane con figli in momentanea difficoltà, giovani senza lavoro, pensionati che con 500 euro non mangiano. Iniziamo a dare i soldi a loro. Poi semmai ci porremo il problema che non ci sono i soldi per dare stipendi a chi guadagna centinaia di migliaia di euro."

Premesso che, ancorché suoni sgradevole a Di Maio e ai suoi elettori (e purtroppo non solo a loro), nessuna delle persone potenzialmente destinatarie dei soldi che "pretende" che Tria trovi dovrebbe avere alcun diritto a riceverli per il solo fatto di trovarsi in difficoltà, quel denaro può essere trovato solo aumentando le tasse a qualcuno, riducendo altre spese, oppure aumentando il deficit, ossia le tasse future.

Se il riferimento agli stipendi di chi "guadagna centinaia di migliaia di euro" riguarda dipendenti pubblici, quanto meno il conto per i pagatori di tasse potrebbe non peggiorare. Mi chiedo, però, per quale motivo in tutti questi mesi Di Maio non abbia mai indicato chiaramente quali voci di spesa pubblica ridurre in modo strutturale per trovare i soldi per chi è in difficoltà.

Dato che lui e i suoi colleghi "esperti" sono così bravi, potrebbero aiutare Tria invece di limitarsi a presentare l'elenco della spesa. Altrimenti poi a qualcuno potrebbe venire il sospetto che siano solo dei cialtroni, il che non rappresenterebbe un gran cambiamento rispetto al passato.

Per quanto mi riguarda, il sospetto è ormai indistinguibile dalla certezza.
 
 
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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