Scorie - Il "contributo" che non sarebbe tale
In tempi in cui il governo sta cercando fonti di entrata ipotizzando "contributi" da parte di banche, assicurzioni e aziende partecipate, i vertici dei settori che dovrebbero "contribuire" cercano di schivare il colpo. Comprensibilmente. L'importante è capire come ciò venga fatto.
Prendiamo l'associazione delle assicurazioni, l'Ania, che per bocca della presidente Maria Bianca Farina propone al governo di estendere l'obbligo di assicurazione contro catastrofi naturali a tutte le imprese e alle abitazioni private, oltre a imporre assicurazioni sanitarie e adesione a forme di previdenza complementare.
Il tutto rappresenterebbe "un contributo del settore assicurativo funzionale ad aumentare la protezione di cittadini nella logica di una partnership che riduca gli impegni futuri di spesa del settore pubblico."
Il ragionamento sottostante è più o meno questo: maggiori coperture assicurative ridurrebbero la spesa pubblica e aumenterebbero il gettito fiscale; per di più i maggiori requisiti patrimoniali a carico delle assicurazioni potrebbero essere in buona parte investiti in titoli di Stato.
Ora, è vero che all'aumentare del numero e della diversificazione dei soggetti di cui coprire l'esposizione a un determinato rischio, meno che proporzionale è la crescita della riserva necessaria alla copertura per le compagnie. Ed è altrettanto vero che molti individui e imprese non sono adeguatamente assicurati.
Ma occorre sempre ricordare il non detto di queste proposte. In primo luogo, ogni obbligo impone una compressione della libertà, mentre sarebbe meglio responsabilizzare i singoli, senza coprire le spese post evento.
In secondo luogo, le minori spese dello Stato sarebbero maggiori spese per individui e imprese, con un passaggio da una ripartizione tra pagatori e consumatori di tasse a pagatori e consumatori di coperture assicurative.
In una situazione ideale dal punto di vista libertario, ognuno dovrebbe essere libero e responsabile al tempo stesso con riguardo a ciò che attiene i beni di cui è proprietario. Quindi non dovrebbero essere gli altri pagatori di tasse a pagare il conto (lo Stato ovviamente non ha risorse proprie). Mi pare peraltro appena il caso di ricordare che siamo ben lungi dalla situazione ideale, e che lo Stato, nelle sue varie articolazioni, dovrebbe in teoria provvedere a fare opere di prevenzione contro gli effetti di eventi catastrofali. Il che non sempre scongiurerebbe disastri, ma quanto meno ne attenuerebbe le dimensioni. Le tasse in fin dei conti già le riscuote, in teoria anche per queste opere.
In ogni caso, quando una categoria propone di fare partnership allo Stato, il pasto non è mai gratis.
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