Scorie - Una critica sbagliata a una tassa sbagliata

In attesa di vedere come sarà la versione definitiva dell'imposta straordinaria sulla variazione del margine di interesse delle banche, impropriamente definita sugli extraprofitti che, secondo Giorgia Meloni e colleghi, sarebbero "ingiusti", capita anche di leggere commenti critici basati su considerazioni tecnicamente errate.

Per esempio quello di Laura Serafini (che scrive regolarmente di banche) sul Sole 24 Ore.

A parte l'errata indicazione dell'aliquota Ires al 26 e non al 24%, cui poi alle banche è aggiunto un aumento di 3,5 punti percentuali, Serafini ipotizza che la tassa sia un boomerang, dato che le banche sono tra i principali investitori in titoli di Stato. Il che è vero, e io stesso credo che questo argomento potrebbe essere usato nelle interlocuzioni tra governo e ABI.

Ma Serafini arriva a scrivere che la "nuova norma ha invece l'effetto di introdurre per le banche una ulteriore imposizione indeducibile del 40%, che si aggiunge alla quella preesitente. Il risultato è che, in qualche modo, lo Stato finisce per definire extraprofitti la remunerazione che riconosce alle proprie obbligazioni, nei fatti lasciando intendere che paga fin troppo bene gli investitori."

Non è così, dato che non sono tassati gli interessi attivi, ma il margine di interesse. La cosa sarebbe vera solo se una banca non avesse interessi passivi, il che è abbastanza irrealistico. Nella generalità de casi, le banche finanziano le posizioni in titoli di Stato o presso BCE, oppure sul mercato. In ogni caso pagano interessi passivi.

Serafini scrive anche che "i titoli di Stato posseduti dalle banche non sono solo quelli acquistati dal luglio 2022 in poi, quindi da quando sono saliti i rendimenti come conseguenza del rialzo dei tassi di interesse da parte della Bce. La gran parte sono titoli acquistati in precedenza, quando i tassi erano a zero, e i cui rendimenti sono molto bassi: anche quelli vengono tassati al 40%, e quindi nell'ottica della norma rappresentano extraprofitti."

E questo, oltre a essere sbagliato, non è neppure un argomento che porta acqua al mulino dell'autrice. Infatti, tanto minori sono gli interessi generati da quei titoli, tanto meno contribuiscono al margine di interesse. Anzi: se una banca ha in posizione titoli che generano zero interessi e si finanzia a tassi di mercato correnti, realizza un margine negativo, quindi abbassando la base imponibile dell'imposta in questione.

Scrive ancora Serafini:

"C'è poi un altro pericolo che potrebbe insinuarsi dietro questa misura volta, nelle intenzioni del governo, a dirottare un po' di ricchezza verso famiglie e imprese. La modifica della tassazione dei proventi dei titoli di Stato introdotta come una sorta di Robin Hood Tax porta con sé l'idea di un rischio implicito di quegli strumenti finanziari, che sino ad oggi sono considerati in termini di vigilanza prudenziale privi di rischio e quindi non implicano accantonamenti da parte delle banche. La possibilità che, al bisogno del governo di turno, l'imposizione possa cambiare potrebbe gettare benzina sul fuoco su un dibattito strisciante che si consuma a livello europeo, con i paesi nordici che vogliono l'introduzione di una ponderazione nei bilanci delle banche sui titoli di Stato del proprio paese posseduti e questo per penalizzare i paesi più indebitati."

In realtà l'imposta non modifica la tassazione dei proventi dei titoli di Stato, ma il margine di interesse, e tra l'altro non solo quello riconducibile ai titoli di Stato, ma a ogni posta attiva e passiva generatrice di interessi.

Non credo proprio che il dibattito sull'attribuire un fattore di ponderazione superiore a zero ai titoli di Stato nella determinazione dei requisiti patrimoniali sarà influenzato da questa gabella. I Paesi nordici, a onor del vero, ritengono che non sia corretto considerare privi di rischio i titoli emessi da Stati con bilanci scassati, come l'Italia. Qualsiasi fonte di maggiore entrata, a parità di altre condizioni, non peggiora certo il rischio di credito della Republbica italiana.

In definitiva, questa tassa è criticabile più di tante altre (io stesos l'ho fatto nei giorni scorsi), ma occorre prestare attenzione a non usare argomenti sbagliati, soprattutto se si vogliono usare argomenti tecnici. 

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