Scorie - Varrebbe la pena considerare le alternative

Se c'è una cosa che abbonda nel mondo sono le previsioni econonmico-finanziarie. Chi lavora nelle istituzioni pubbliche è ovvio che difenda l'operato del datore di lavoro. Per chi lavora nel privato, tanto maggiore è la dimensione della società, tanto più ci si può attendere conformismo nelle analisi. Nulla di strano, dato che quelle stesse società hanno tutto l'interesse a mantenere "buoni rapporti" con le istituzioni pubbliche, siano esse governi, banche centrali o enti sovranazionali.

Non è un caso, quindi, che il conformismo regni incontrastato tra chi partecipa al World Economic Forum di Davos, dove peraltro il conformismo nelle previsioni economiche è l'aspetto meno inquietante, rispetto alle ricette distopiche partorite dalle menti degli organizzatori in merito a come regolare la vita di miliardi di esseri umani.

Difficile, quindi, aspettarsi una critica dell'operato delle banche centrali. Per esempio Karen Harris, managing director di Bain&Company Macro Trends Group, dopo una serie di (a mio parere) banalità sull'inflazione, difende le banche centrali in questo modo:

"Se torniamo al periodo precedente alla creazione delle Banche centrali, l'inflazione era zero, ma avevamo enormi bolle che creavano e distruggevano ricchezza nell'arco di generazioni in poco tempo, con grande volatilità. Il problema non è licenziare le Banche centrali perché non ci piace il modo in cui fanno il loro lavoro, dobbiamo considerare le alternative. Non invidio le Banche centrali. Orientarsi sui diversi fronti di crisi che stiamo affrontando non è semplice."

Le crisi che si manifestavano periodicamente prima della diffusione delle banche centrali non erano dovute all'assenza di esse, bensì al fatto che le banche commerciali creavano moneta in eccesso rispetto alle riserve auree (all'epoca il denaro vero e proprio era rappresentato da oro e, talvolta, argento) di cui disponevano. In sostanza era l'utilizzo per erogare credito dei depositi a vista che rendeva intrinsecamente instabili le banche, creando corse agli sportelli in caso di crisi di fiducia, con contagio alle altre banche.

La soluzione avrebbe dovuto essere l'abolizione della risefva frazionaria, non la sua istituzionalizzazione sotto il coordinamento delle banche centrali.

Per inciso, le ricorrenti crisi dell'epoca avevano una magnitudo molto inferiore a quelle verificatesi dopo l'istituzione delle banche centrali. Nulla a che vedere con la Grande Depressione, lo scoppio della bolla di oltre trent'anni fa in Giappone (di cui ancor aoggi si sentono gli effetit da quelle parti) e quella che prese origine dalla bolla immobiliare e dai mutui subprime nel 2007-2008, solo per fare qualche esempio.

Certamente non è semplice ora affrontare le crisi. Ma i "diversi fronti di crisi" sono conseguenza anche (se non principalmente) dell'operato delle banche centrali negli anni scorsi. Se si riconoscesse questo, varrebbe la pena considerare le alternative.

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