Scorie - Tria e la teoria della rassegnazione
Giovanni Tria, già ministro dell'Economia nel governo giallo-verde, da quando è tornato all'attività accademica scrive editoriali pubblicati sul Sole 24 Ore al sabato.
Occupandosi dell'inflazione e seguendo la definizione mainstream di crescita generalizzata dei prezzi al consumo, Tria, citando Paul Krugman, afferma che si tratta di un conflitto distributivo tra imprese, lavoratori e chi paga le tasse, destinato a fermarsi solo quando i vari giocatori sono forzati ad accettare il risultato.
Che l'inflazione generi un conflitto distributivo, di fatto redistribuendo (spesso in modo regressivo) la ricchezza, è vero. Tra l'altro, Tria non include lo Stato tra i soggetti confliggenti, mentre storicamente è proprio lo Stato a generare inflazione, essendone beneficiario.
Quanto al fatto che per fermarla sia necessario che qualcuno, in buona sostanza, si rassegni, mi pare discutibile. Purtroppo al termine di un periodo inflattivo i danni subiti dalle vittime dell'effetto Cantillon sono duraturi, ma per il semplice fatto che costoro fin dall'inizio non hanno la forza per contrastare la redistribuzione a loro danno.
A parte ciò, l'ipotesi della rassegnazione mi pare assimilabile all'affermare che il modo migliore per spegnere un fuoco sia aspettare che si esaurisca spontaneamente.
Tria appare compiaciuto del fatto che Krugman la pensi come lui.
"I lettori di questa rubrica ricorderanno come da oltre un anno ripetiamo che l'inflazione è essenzialmente un conflitto distributivo, questa volta innescato dall'inflazione importata, e che da questa osservazione conviene partire almeno per due motivi. Il primo attiene alle previsioni relative all'inflazione e all'interpretazione corretta della sua misura, cioè l'indice generale dei prezzi; il secondo per il corretto disegno delle politiche. Come viene ricordato nell'articolo di Krugman, le imprese cercano di aumentare i prezzi e i lavoratori cercano di avere salari più alti non perché l'offerta di moneta è aumentata, ma perché vogliono accrescere i rispettivi redditi o evitare di vedere i propri redditi reali diminuire o aumentare meno del previsto. L'inflazione si manifesta quando i tentativi dei vari attori di conquistare una fetta maggiore del reddito prodotto non sono commisurati alle dimensioni della torta da spartire. E l'inflazione si ferma quando tutti gli attori capiscono che il gioco non rende e tutti accettano la posizione ottenuta."
Tria nega che la causa scatenante sia l'aumento dell'offerta di moneta. Tuttavia non spiega come mai ci siano momenti in cui questo conflitto sembra essere più acceso che in altri. Non spiega, cioè, per quale motivo i soggetti in conflitto dovrebbero voler migliorare la loro posizione relativa solo in determinati periodi, o comunque con gradi di intensità oscillanti nel corso del tempo.
Secondo Tria, "dopo che negli ultimi due anni il livello generale dei prezzi è aumentato in Italia di quasi il 15%, anche se i prezzi dell'energia e di altri beni importati che hanno innescato l'inflazione non aumentassero ulteriormente o si riducessero in misura limitata, l'inflazione si fermerebbe solo se le imprese e le famiglie che hanno già perso potere d'acquisto, o lo hanno perso più degli altri, accettassero la situazione, cioè il risultato attuale del conflitto distributivo e il nuovo livello dei prezzi."
Come facciano i prezzi ad aumentare in modo generalizzato, Tria non lo spiega. Però chiama l apolitica a risolvere i problemi.
"Qui entra in gioco la politica. Quella monetaria può solo creare una situazione in cui nessuno degli attori ha spazio per chiedere miglioramenti di potere d'acquisto, rallentando cioè l'economia. La politica di bilancio deve invece muoversi, oltre che per regolare la domanda, per cercare di aiutare quelli che sono rimasti seduti e far sedere alcuni che, oltre che essersi alzati in piedi, tentano anche di stare sulla punta dei piedi. Insomma, regolare e attenuare il conflitto."
Ricapitolando: la politica monetaria parrebbe non avere alcun ruolo all'origine della crescita dei prezzi, ma divenendo meno espansiva potrebbe aiutare nel processo inverso. A questa dovrebbe però aggiungersi quella fiscale, redistribuendo a favore dei perdenti dell'inflazione.
Un esempio da manuale di interventi che si stratificano per porre rimedio agli effetti indesiderati di quelli precedenti, come evidenziato da Mises. D'altra parte, non (voler) vedere cosa genera un incendio non è il migliore die modi per trovare il modo di spegnerlo.
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