Scorie - Statalismo democratico

Anche se in certi periodi è parsa farsi spazio in Italia l'apertura a forme di privatizzazione e liberalizzazione, in realtà si è sempre trattato, con poche e ininfluenti eccezioni, di posizioni che rispondevano a logiche di (supposta) convenienza estemporanea piuttosto che alla valutazione negativa (tanto dal punto di vista etico, quanto da quello empirico) delle varie forme di statalismo.

Che adesso lo statalismo sia in grande spolvero lo dimostrano le tante prese di posizione a favore dell'intervento dello Stato in questo o quel settore. Intervistato da Repubblica, il viceministro dell'Economia Antonio Misiani fornisce, in più passaggi, esempi di quella visione statalista che in Italia l'ha sempre fatta da padrona.

Per esempio, in merito alle varie ipotesi di intervento dello Stato, da Alitalia a Ilva, che si tradurranno inevitabilmente in nuove miliardarie perdite di denaro dei pagatori di tasse, afferma Misiani:

"In questi mesi abbiamo dovuto fare i conti con numerose crisi di grande portata. La sfida è passare da una logica di pura emergenza alla costruzione di una vera e propria strategia di politica industriale nella direzione di una nuova alleanza tra Stato e privati. Non la riproposizione della vecchia Iri, ma uno Stato più assertivo, investitore paziente e motore di innovazione. Tutte le crisi di questi mesi, da Alitalia ad Autostrade, dall'ex Ilva alle banche, chiamano in causa un nuovo ruolo dello Stato a difesa della presenza nazionale in settori chiave, dal manifatturiero ai servizi. L'Italia ha bisogno di grandi imprese, senza le quali nell'economia globale non si è protagonisti ma solo gregari."

Cerco di tradurre dalla retorica ai fatti. Lo Stato assertivo alle mie orecchie suona abbastanza come sinonimo di dirigismo. Essere investitore paziente, d'altra parte, corrisponde a gettare soldi dei pagatori di tasse senza troppo preoccuparsi che siano bruciati, come la storia di Alitalia dimostra ampiamente. Quanto al motore di innovazione, fa molto Mariana Mazzucato, ma è una storia che non ha niente di realistico, a maggior ragione in Italia.

Sulla necessità, poi, di avere grandi imprese in determinati settori, ciò è vero se si ragiona in modo statalista. Altrimenti no. Sempre restando ad Alitalia, non credo che sia fondamentale la sua esistenza, men che meno a partecipazione statale, per consentire agli italiani di volare nel mondo e agli stranieri di venire in Italia.

Alla domanda su quale strumento di intervento utilizzare, Misiani risponde:

"Oggi si avverte l'esigenza di una cabina di regia politica tra i ministeri direttamente interessati in grado di governare, con rapidità e in stretto rapporto con il mondo imprenditoriale privato, una serie di questioni di primaria importanza. Avremmo bisogno di una sorta di consiglio nazionale di sicurezza economica, come il National Economic Council degli Usa. In una strategia fondata su un ruolo più attivo dello Stato andrebbero meglio focalizzate anche le funzioni di realtà come Cdp e Invitalia."

In sostanza, un (in)sano esercizio di commistione tra Stato e pseudoimprenditori a cui piace sguazzare in ambienti protetti dalla concorrenza a spese dei consumatori e pagatori di tasse. Ovviamente con Cassa Depositi e Prestiti presente ovunque come il prezzemolo.

Quanto alla prospettata alleanza tra Fca e Peugeot:

"L'operazione è complessivamente positiva, ma nasce con una asimmetria: nella Peugeot c'è lo Stato francese, in Fca non c'è quello italiano. Questo non vuol dire che è necessario un ingresso pubblico nella nuova società ma che, anche sull'automotive, è necessaria una presenza attenta della politica industriale del governo che salvaguardi non solo gli stabilimenti italiani del nuovo gruppo, ma anche il comparto della componentistica che rappresenta un segmento essenziale del manifatturiero italiano."

In effetti i tempi dell'Alfasud non li rimpiange nessuno (spero, almeno). E meglio sarebbe se fosse lo Stato francese a uscire da Renault piuttosto che pensare a coinvolgimenti di quello italiano anche nel settore auto.

Questa, in sintesi, la posizione del PD. Nulla di nuovo, in realtà. E i suoi alleati di governo sono perfino peggio. Non è una buona notizia per i pagatori di tasse.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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