Scorie - Il premio per gli spendaccioni

Commento periodicamente gli articoli di Guido Salerno Aletta pubblicati su Milano Finanza. Non di rado il tema centrale è una lamentela per il trattamento arcigno che l'Unione europea a guida tedesca riserva alla povera Italia. La soluzione invocata ruota sempre attorno a una forma di monetizzazione del debito italiano che riesca ad alleviare l'onere dello stesso.

Recentemente, Salerno Aletta ha scritto:

"Occorre un meccanismo di riequilibrio: così come viene imposto il criterio della severa condizionalità per gli Stati che chiedono aiuti, è indispensabile che quelli che seguono i criteri di convergenza si vedano riconosciuta la giusta premialità attraverso l'azzeramento dello spread: questo è il Qe che serve."

Il punto di partenza della tesi di Salerno Aletta è che l'Italia è in avanzo primario quasi ininterrottamente da 25 anni, ma questo non è servito ad abbassare il rapporto debito/Pil, mentre ha tarpato le ali alla crescita del Pil. Il tutto basandosi sull'assunto implicito per cui il deficit aiuta la crescita e guai a ridurre la spesa pubblica al posto di rincorrerla con aumenti di tasse.

Il fatto è che non si vede per quale motivo chi ha scassato meno il bilancio nei decenni passati dovrebbe oggi acconsentire a rendere omaggio all'Italia di una "premialità" consistente, di fatto, in un Qe asimmetrico, volto ad azzerare artificialmente lo spread rispetto alla Germania.

In sostanza, tutti i Paesi "che seguono i criteri di convergenza" dovrebbero avere lo stesso trattamento di favore, ma con intensità diverse a seconda della dimensione iniziale dello spread rispetto ai rendimenti dei titoli tedeschi.

Ovviamente è alquanto improbabile che a nord delle Alpi ci siano orecchie disposte ad ascoltare queste lamentele. Per di più non appare irrealistico supporre che, qualora si avverasse il sogno di Salerno Aletta, la riduzione della spesa per interessi sarebbe utilizzata non già per ridurre deficit e debito, bensì per fare altra spesa.

Come già avvenuto con il Qe nella versione attuale. Non il migliore precedente per andare a chiedere "premialità". Il Qe andrebbe eliminato del tutto, non reso ancora più dannoso.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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