Scorie - L'illusione di fare debito a spese altrui

Nel consueto articolo domenicale ospitato dal Sole 24Ore, Marcello Minenna si occupa di banche centrali. Le quali, alle prese con indici dei prezzi al consumo che non crescono quanto vorrebbero, stanno passando (in Giappone è già accaduto) alla manipolazione diretta di tutta la curva dei tassi di interesse.

Minenna si rammarica del fatto che sia arduo che ciò possa avvenire anche in Eurozona.

"Nell'Eurozona una riforma del genere appare più ardua a causa dello spread: difficile controllare simultaneamente 19 curve dei tassi d'interesse. La sfida per la nostra area valutaria diviene quindi duplice: ripristinare un'unica curva dei rendimenti per tutti i paesi membri e restituire a questa curva una forma "normale". Obiettivi che potrebbero essere perseguiti in parallelo se la Bce realizzasse un national twist e cioè concentrasse – attraverso le banche centrali nazionali (Bcn) – gli acquisti di titoli di Stato sui paesi più indebitati anziché ripartirli secondo il criterio della capital key. Si darebbe così un segnale implicito di condivisione dei rischi (risk sharing) all'interno dell'area euro, in quanto facoltizzare le Bcn dei paesi ad alto debito ad assumere più rischi sotto l'ombrello dell'Euro-sistema vorrebbe dire de facto un primo embrionale risk sharing per lo meno per la parte che eccede la capital key. I paesi molto indebitati – come l'Italia – sarebbero supportati nell'assorbimento del loro eccesso di offerta di titoli di Stato, mentre il calo nella domanda di Bund permetterebbe alla Germania di tornare a rendimenti positivi con beneficio per il suo sistema economico-finanziario. Dimensione e durata dell'intervento sarebbero, peraltro, relativamente circoscritte se si chiarisse inesorabilmente che l'uscita dall'euro non è un'opzione sul tavolo dato che oggi tale rischio rappresenta spesso una componente significativa degli spread ma anche quella più facilmente comprimibile con opportune indicazioni prospettiche da parte della classe dirigente di ciascun paese."

Minenna non è nuovo a proposte del genere. Tutte quante hanno un punto in comune: la (almeno parziale) mutualizzazione dei debiti pubblici. Qualcosa che non ha concrete probabilità di essere accettata dalla Germania e da diversi altri Paesi dell'Area euro, che quindi si opporrebbero alla modifica del Trattato Ue necessario per consentire alla BCE di operare in tal senso.

Già il Quantitative easing è stato realizzato con l'obiettivo ufficiale di aumentare la crescita dei prezzi al consumo, anche se è servito per lo più a concedere ai Paesi con i bilanci più scassati il tempo di iniziare a sistemarli. Cosa che non si è verificata proprio nel Paese dal quale si levano più insistenti le richieste di mutualizzazione.

Nessuno dei governi in carica dal 2015 in poi, infatti, ha seriamente tentato di porre il debito pubblico su una traiettoria discendente, nonostante la riduzione della spesa per interessi causata dal QE. Cosa dovrebbe indurre a supporre che d'ora in avanti le cose andrebbero diversamente, considerando che chi governa oggi non fa altro che pensare a fare nuovo deficit?

Seguendo gli auspici di Minenna si avrebbe un peggioramento della già dimostrata tragedia dei beni comuni, un vero e proprio incentivo ad accumulare debito contando sulla condivisione dell'onere da parte di altri. Un incentivo all'azzardo morale per governi ed elettorati tossici di spesa pubblica di dimensioni colossali.

Quanto al rischio di uscita dall'euro, Minenna dovrebbe prendere atto del fatto che chi suggerisce la linea sulle questioni economiche al capo del partito oggi più votato in Italia, ritiene che l'uscita dall'euro non andrebbe evitata, bensì cercata. Ogni dichiarazione di segno contrario avrebbe una credibilità perfino inferiore a quella dei governi precedenti in merito alla riduzione del debito.

Tutto sommato, considerando che si tratterebbe di un aumento della manipolazione monetaria (con sconfinamenti sul fiscale), non è un male che proposte come quelle di Minenna non abbiano concrete probabilità di essere condivise a nord delle Alpi.

Il fatto che abbiano uno spazio fisso sul principale quotidiano economico italiano la dice lunga, però, sulle condizioni in cui versa il dibattito in materia di finanza pubblica in Italia.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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