Scorie - Criptoscorie

Altro tema di cui si è occupato Paolo Savona durante il discorso tenuto in occasione dell'incontro annuale con il mercato finanziario è la diffusione delle criptovalute. Non senza avere premesso un sintetico percorso sulla storia della moneta dalla fine dell'Ottocento a oggi. 

Savona valuta positivamente l'istituzione delle banche centrali e spiega l'instabilità monetaria proseguita (non di rado accentuata) anche dopo la loro diffusione con un "continuo inseguimento tra norme regolatrici e superamenti delle stesse da parte del mercato, il quale ha sempre mostrato una rapidità di inventiva superiore alle capacità delle autorità di regolarlo."

Circostanza, quest'ultima, che non dovrebbe stupire nessuno, altrimenti non si sarebbero rivelati fallimentari tutti i tentativi di far funzionare i sistemi socialisti.

Secondo Savona la crisi del sistema di Bretton Woods è attribuibile allo sviluppo del mercato degli eurodollari, mentre pare non sorgergli il dubbio che, al contrario, la politica monetaria della Fed abbia fornito benzina per avere in giro per il mondo una quantità di dollari decisamente esuberante rispetto alle riserve che dovevano garantirne la convertibilità a cambio fisso con l'oro.

Per questo, forse, arriva ad affermare, in merito alle criptovalute:

"L'ideale sarebbe che l'uso di questo strumento, per ora paramonetario se non proprio finanziario, diventi monopolio pubblico, come accaduto per la moneta di base."

Premesso che un monopolio pubblico su una criptovaluta è un ossimoro concettuale, se ciò avvenisse, magari rendendo illegali tutte le criptomonete non statali, non vi sarebbe nessun reale cambiamento rispetto ai sistemi monetari attuali, la cui continua degenerazione ha posto le basi per lo sviluppo delle criptovalute stesse.

Cambierebbe la tecnologia utilizzata per emettere moneta, ma non la possibilità di emetterne in quantità illimitata da parte della banca centrale e delle banche in regime di riserva frazionaria.

Ma se l'implosione del sistema di Bretton Woods lo interpreta in quel modo, di cosa stupirsi?



 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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