Scorie - Il sistema pensionistico è uno schema Ponzi




In un editoriale sul Corriere della Sera di commento alla imminente ripoliticizzazione dell'INPS, Alberto Alesina e Francesco Giavazzi, per difendere l'indipendenza dell'istituto di previdenza dalla politica, scrivono:

"Le nostre pensioni non sono pagate da un fondo cui affluiscono i nostri contributi versati nel periodo della vita in cui lavoravamo. Quei contributi sono stati usati per pagare le pensioni dei nostri genitori. Analogamente, le nostre pensioni saranno versate da chi lavorerà quando noi lasceremo il nostro lavoro, e cosi via. È per questo che consentire alle persone di andare in pensione prima, mentre l'aspettativa di vita si allunga, è un grande regalo agli elettori di oggi a scapito di quelli di domani. I lavoratori del futuro dovranno subire sui loro salari trattenute più elevate di quelle che si pagano oggi. Questo ridurrà i salari netti, aumenterà il costo del lavoro e quindi farà diminuire l'occupazione."

Effettivamente il sistema pensionistico è uno schema a ripartizione, e non a capitalizzazione. Quindi chi oggi paga contributi (e tasse, dato che una parte delle erogazioni sono a carico della cosiddetta fiscalità generale) non fa altro che pagare le pensioni correnti, sperando che in futuro qualcuno paghi la sua.

Da sempre io sono convinto che questo sia niente altro che uno schema Ponzi. Considerando l'allungamento della speranza di vita e il calo del tasso di fertilità, il sistema si avvia a implodere, analogamente a uno schema Ponzi quando i nuovi ingressi nello schema non sono sufficienti a pagare chi vuole uscirne o i rendimenti promessi a chi resta. Il tutto aggravato dalla "generosità" del sistema dovuta a vari provvedimenti adottati a partire dagli anni '60 e fino alle riforme iniziate negli anni '90.

Proseguono Alesina e Giavazzi:

"Ma la politica ha scarso interesse agli effetti inter-generazionali e a quelli che colpiranno l'economia tra dieci o vent'anni. La politica è interessata agli elettori di oggi, e oggi il votante medio è un cittadino di più di 50 anni, che già pensa alla pensione. Chi domani pagherà la sua pensione oggi non vota perché o non è ancora nato, oppure è ancora minorenne. I sindacati, cui per decenni è stata affidata la gestione dell'Inps, sono ormai organizzazioni dei pensionati, non dei lavoratori. La maggioranza dei loro iscritti sono infatti lavoratori in pensione e gli altri sono comunque anziani prossimi alla pensione. Ecco perché i sindacati sono così interessati a gestire l'Inps."

Considerazioni ineccepibili, a mio parere. Da cui Alesina e Giavazzi, però, giungono a una conclusione quanto meno illusoria.

"Affidare l'istituto a dei tecnici che siano indipendenti dalla politica di tutti i giorni è fondamentale. È chiaro che la politica pensionistica va decisa in Parlamento, ma un controllo tecnico indipendente è essenziale perché i cittadini di domani non siano truffati sottobanco dagli elettori di oggi, magari senza rendersene conto dato che queste questioni sono complesse."

In primo luogo, se il sistema rimane determinato a livello parlamentare, nessun tecnico può evitare la truffa ai danni di chi oggi non vota o neppure è nato. Può al massimo fare presenti le controindicazioni, ma se "il votante medio è un cittadino di più di 50 anni, che già pensa alla pensione", c'è ben poco da fare.

Si noti, tra l'altro, che questo discorso vale per qualsiasi forma di redistribuzione, quindi per ogni provvedimento fiscale.

In secondo luogo, se il sistema rimane a ripartizione, ossia se rimane uno schema Ponzi, la sua implosione può solo essere rimandata, ma non scongiurata. Salvo ipotizzare vigorose crescite economiche e/o un'esplosione del tasso di fertilità. Entrambe cose abbastanza improbabili, anche aumentando la quota di immigrazione come vorrebbero taluni (con ogni probabilità sottostimando i costi connessi per altri servizi di welfare state).

Se si vuole evitare l'implosione, l'unica strada è un passaggio a un sistema a capitalizzazione, rendendo il sistema simile a quello dei fondi pensione privati. Ovviamente non sarebbe indolore, ma l'alternativa non fa altro che prolungare l'agonia di questo schema Ponzi al quale ogni governo dà una martellata a seconda della convenienza elettorale del momento.
 
 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".


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