Scorie - Omogeneizzazioni europeiste
"Questo rischio non può essere prevenuto e scongiurato con ipotesi minimaliste ma con iniziative progettuali di ampio respiro che accrescono le speranze di grandi cambiamenti positivi possibili per tutti. Ciò può essere realizzato rilanciando al più presto l'unione economica e monetaria, aprendo subito un cantiere finalizzato a tale scopo in cui i leaders intellettuali più illuminati progettano nuovi percorsi, nuove prospettive e nuove modalità di risanamento non convenzionali, da realizzare attraverso un processo di omogeneizzazione virtuoso delle modalità di funzionamento degli Stati membri dell'unione in tutti i loro rami vitali (burocrazia, giustizia civile e penale, mercato del lavoro, sistemi pensionistici, concorrenza, lotta all'evasione e alla corruzione, contrasto della povertà, sistemi di istruzione, immigrazione). L'impulso di fiducia e di speranza che ne deriverebbe sarebbe già di per se stesso un propellente considerevole per rinsaldare l'unione europea rendendola più attraente e meno esposta ai divorzi."
(G. M. Pignataro)
Il rischio a cui si riferisce Giuseppe Maria Pignataro è quello che si arrivi a uno shock che determini il contagio dei Paesi europei "virtuosi" da parte dei Paesi periferici in crisi.
Pignataro ritiene che la contrapposizione tra rigoristi alla tedesca e flessibilisti all'italiana non porti a nulla di buono e che sia necessario procedere a una maggiore integrazione senza soluzioni "minimaliste".
Da anni gli europeisti italiani, quelli che ogni volta che qualcosa non va bene credono che la soluzione consista in "più Europa", si lamentano del fatto che a prevalere è sempre la linea tedesca. Ma se c'è una cosa che dovrebbe essere chiara è che la richiesta di mutualizzare i rischi o, peggio ancora, i debiti, non verrà accettata da chi, con ogni probabilità, si troverebbe costantemente a sostenere più oneri che onori.
Tacciare costoro di "egoismo" mi sembra puerile. Eppure è, in ultima analisi, l'unico argomento degli europeisti italici. I quali insistono nel sostenere che chi non vuole mutualizzare i rischi e i debiti non si renda neppure conto che trarrebbe vantaggi da "più Europa".
Ben inteso, nessuno, ancorché dichiari il contrario, va a Bruxelles per fare gli interessi degli altri Paesi. Personalmente ritengo addirittura che nessun governante faccia alcunché per interessi diversi dai propri, che solitamente coincidono con il mantenimento del potere. Quindi non mi stupisce che Merkel e Shauble abbiano approfittato della solidarietà europea quando si è trattato di mettere al sicuro le banche tedesche notevolmente esposte in Grecia.
Né mi stupisce che siano disposti a procedere verso una maggiore integrazione a patto di rafforzare, di fatto, la loro presa sull'Eurozona. In sostanza, se si vogliono mutualizzare rischi e debiti, chi assume più rischi di quelli correnti vuole assumere anche più potere.
Di questo gli europeisti italiani dovrebbero essere coscienti. D'altra parte, se davvero ritengono che i tedeschi non sappiano neppure fare i propri interessi quando si oppongono a mutualizzare rischi e debiti, non capisco perché si incaponiscano a volere una maggiore integrazione con costoro. Se fossero coerenti dovrebbero dire: "non volete il nuovo Eden comunitario? Allora ognuno per conto proprio". Il fatto che si guardino bene dal fare un'affermazione del genere rende a mio parere più che comprensibile lo scetticismo teutonico. E il paradosso è che l'Italia è da decenni contribuente netto della Ue.
Quanto al fatto che un "processo di omogeneizzazione virtuoso" porterebbe fiducia e speranza, ciò è tutto da dimostrare. Finora la pretesa di imporre le omogeneizzazioni dall'alto ha prodotto un aumento dell'euroscetticismo, del quale non credo vi sia da stupirsi. Per quale motivo imporre altre omogeneizzazioni dall'alto dovrebbe migliorare le cose?
(G. M. Pignataro)
Il rischio a cui si riferisce Giuseppe Maria Pignataro è quello che si arrivi a uno shock che determini il contagio dei Paesi europei "virtuosi" da parte dei Paesi periferici in crisi.
Pignataro ritiene che la contrapposizione tra rigoristi alla tedesca e flessibilisti all'italiana non porti a nulla di buono e che sia necessario procedere a una maggiore integrazione senza soluzioni "minimaliste".
Da anni gli europeisti italiani, quelli che ogni volta che qualcosa non va bene credono che la soluzione consista in "più Europa", si lamentano del fatto che a prevalere è sempre la linea tedesca. Ma se c'è una cosa che dovrebbe essere chiara è che la richiesta di mutualizzare i rischi o, peggio ancora, i debiti, non verrà accettata da chi, con ogni probabilità, si troverebbe costantemente a sostenere più oneri che onori.
Tacciare costoro di "egoismo" mi sembra puerile. Eppure è, in ultima analisi, l'unico argomento degli europeisti italici. I quali insistono nel sostenere che chi non vuole mutualizzare i rischi e i debiti non si renda neppure conto che trarrebbe vantaggi da "più Europa".
Ben inteso, nessuno, ancorché dichiari il contrario, va a Bruxelles per fare gli interessi degli altri Paesi. Personalmente ritengo addirittura che nessun governante faccia alcunché per interessi diversi dai propri, che solitamente coincidono con il mantenimento del potere. Quindi non mi stupisce che Merkel e Shauble abbiano approfittato della solidarietà europea quando si è trattato di mettere al sicuro le banche tedesche notevolmente esposte in Grecia.
Né mi stupisce che siano disposti a procedere verso una maggiore integrazione a patto di rafforzare, di fatto, la loro presa sull'Eurozona. In sostanza, se si vogliono mutualizzare rischi e debiti, chi assume più rischi di quelli correnti vuole assumere anche più potere.
Di questo gli europeisti italiani dovrebbero essere coscienti. D'altra parte, se davvero ritengono che i tedeschi non sappiano neppure fare i propri interessi quando si oppongono a mutualizzare rischi e debiti, non capisco perché si incaponiscano a volere una maggiore integrazione con costoro. Se fossero coerenti dovrebbero dire: "non volete il nuovo Eden comunitario? Allora ognuno per conto proprio". Il fatto che si guardino bene dal fare un'affermazione del genere rende a mio parere più che comprensibile lo scetticismo teutonico. E il paradosso è che l'Italia è da decenni contribuente netto della Ue.
Quanto al fatto che un "processo di omogeneizzazione virtuoso" porterebbe fiducia e speranza, ciò è tutto da dimostrare. Finora la pretesa di imporre le omogeneizzazioni dall'alto ha prodotto un aumento dell'euroscetticismo, del quale non credo vi sia da stupirsi. Per quale motivo imporre altre omogeneizzazioni dall'alto dovrebbe migliorare le cose?
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