Scorie - Soluzioni non risolutive

"Alcuni correttivi proposti dall'INPS di Tito Boeri avevano un valore di equità: si sarebbe chiesto un contributo a chi ha avuto più di quanto versato. Non mi è sembrato il momento: dobbiamo dare fiducia agli italiani. Se metti le mani sulle pensioni di gente che prende 2.000 euro al mese, non è una manovra che dà serenità e fiducia. Per carità, magari è pure giusto a livello teorico. Ma la linea di questa legge è la fiducia, la fiducia, la fiducia. E, dunque, non si tagliano le pensioni."
(M. Renzi)

Da quando è presidente dell'INPS, Tito Boeri propone con una certa frequenza correttivi al sistema pensionistico pubblico.

L'ultima proposta, in estrema sintesi, prevede l'introduzione di un reddito minimo di 500 euro al mese per gli over 55 che perdano il lavoro, a patto che abbiano determinati requisiti. Prevede inoltre l'introduzione di flessibilità in uscita, consistente in buona sostanza in una decurtazione della pensione in funzione dell'aspettativa di vita qualora si esca anticipatamente. Infine, punta su un cavallo di battaglia di Boeri, ossia il ricalcolo delle pensioni retributive con il metodo contributivo, onde ridurre gli oneri per l'INPS e la sproporzione finanziaria tra contributi versati e pensione percepita.

Il presidente di Consiglio dice che non gli è sembrato il momento, perché con la Legge di stabilità – che nella versione presentata dal Governo comporta una significativa espansione del deficit rispetto al tendenziale – vuole dare agli italiani "serenità e fiducia".

Il problema di tutti i sistemi di welfare pubblici è che, non essendovi connessione tra pagamenti e prestazioni, tende a crearsi la percezione che si tratti di benefici gratuiti. Ciò ha il non indifferente inconveniente, anche prescindendo da considerazioni etiche, di generare un eccesso di domanda per i servizi di welfare. E non vi è da stupirsi se chi governa è ben lieto di soddisfare tale domanda, dato che i benefici e i beneficiari sono chiari e individuabili (Bastiat direbbe "ciò che si vede"), mentre chi paga il conto è meno chiaro e individuabile ("ciò che non si vede", o quanto meno si vede poco chiaramente), anche perché spesso il conto sarà salato per chi verrà in futuro.

Resta il fatto che, da un punto di vista etico, non vi è alcuna giustificazione per qualsivoglia sistema di redistribuzione, a meno che si consideri del tutto relativo e comprimibile il diritto di proprietà degli individui. Evidentemente molti ritengono che, effettivamente, il diritto di proprietà sia comprimibile "democraticamente"; il problema è che non è argomentabile in alcun modo logico che ciò sia compatibile con una parità di trattamento degli individui (da parte dello Stato).

Ciò detto, con riferimento al ricalcolo delle pensioni retributive ho già sostenuto in diverse occasioni che ciò andrebbe fatto senza alcun limite minimo. Ma nessun ricalcolo sarà risolutivo fino a quando il sistema sarà a ripartizione, ossia fino a quando a pagare gli assegni pensionistici sarà chi oggi versa i contributi. Questo non ha nulla di diverso rispetto a uno schema Ponzi, che, date le dinamiche demografiche, è comunque destinato a riservare amare sorprese a chi dovrà (dovrebbe) andare in pensione nei prossimi decenni.

Solo il passaggio a un sistema a capitalizzazione può rimuovere il rischio tipico dello schema Ponzi. Meglio ancora sarebbe concedere a ogni individuo la totale libertà (e annessa responsabilità) di pensare come meglio crede al proprio futuro previdenziale.

Ma è chiaro che un passaggio simile, anche restando nell'ambito di un sistema pubblico (soluzione a me non gradita), sarebbe ben difficilmente effettuabile senza ammettere esplicitamente il default del sistema attuale. Per cui si preferisce rimandare il problema, parlando a vanvera di fiducia come fa Renzi. Quello che doveva rottamare i vecchi politici e invece ipoteca il futuro dei giovani.


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