Scorie - Schlechtgeld
"La crescita economica si realizza con riforme strutturali e con una riduzione di tasse coperta principalmente con la riduzione della spesa e con il recupero dell'evasione fiscale. Le due leggi di stabilità di questo governo contengono una riduzione di tasse di quasi 35 miliardi annui, dei quali 31 riguardano lavoro e produzione. Questa riduzione è coperta da una manovra di riduzione di spesa di 20 miliardi, di un recupero aggiuntivo di evasione di oltre 4 miliardi e una riduzione degli interessi sul debito, un risultato delle azioni della BCE, ma anche della credibilità del governo che ha portato lo spread sul nostro debito sotto il livello spagnolo. I numeri del bilancio dello Stato confermano la concretezza di questa visione."
(Y. Gutgeld)
Yoram Gutgeld, commissario alla spending review, difende la Legge di stabilità dalle critiche. Evidentemente la pensava diversamente il professor Roberto Perotti, dimessosi pochi giorni fa ammettendo laconicamente di sentirsi poco utile.
Comprensibile il senso di inutilità avvertito da Perotti, dato che le sue proposte, dopo aver ricevuto gli apprezzamenti di rito da parte del presidente del Consiglio (che, pure, lo aveva nominato), sono state accantonate.
La verità appare sempre meno negabile: di tagliare la spesa pubblica manca la volontà politica, perché di spesa pubblica c'è chi ci campa e costoro generalmente votano. All'ennesima rinuncia da parte di un tecnico (dopo Giarda, Bondi e Cottarelli, per restare agli anni recenti), dovrebbe essere evidente che solo una forte motivazione antistatalista può portare a un effettivo ridimensionamento della spesa pubblica. Se, al contrario, si sentono dichiarazioni di riduzioni di spesa alle quali corrispondano, magari, promesse di aumenti di prestazioni di welfare, significa che si è di fronte a un classico esercizio di cialtroneria politica.
Ciò detto, Gutgeld afferma che nelle due leggi di stabilità dell'era renziana sono stati tagliati 20 miliardi di spesa. Peccato che nei saldi del bilancio dello Stato queste affermazioni continuino a non trovare corrispondenza. Lo stesso potrebbe dirsi per i tagli delle tasse, nel senso che se si riducono talune tasse per 35 miliardi e se ne aumentano altre per un importo uguale o superiore, non vi è alcuna riduzione di tasse. A meno che il ragionamento non si limiti a considerare i soggetti beneficiari dei tagli netti. Un modo quanto meno discutibile di ragionare, soprattutto quando si valuta una manovra nel suo complesso.
Tralascio di occuparmi del recupero di evasione per concludere sulla riduzione degli interessi sul debito. Al di là del fatto che la storia della "credibilità" del governo è molto meno tangibile delle azioni (a mio parere elogiate in modo miope) della BCE, occorre una certa dose di imprudenza nel considerare strutturale quella minore spesa, soprattutto in presenza di una massa di debito pubblico che si ostina a non diminuire.
In definitiva, Gutgeld difende un impianto di legge di stabilità ispirata al keynesismo all'amatriciana che tanto piace in Italia. Quello che promette un paio di decimali di Pil in più l'anno dopo (tutti poi da verificare) ponendo le basi per una amara sorpresa quando il ciclo si indebolisce. E' un po' il revival di diverse manovre finanziarie degli anni duemila, quando lo spread era basso e, invece di sistemare il bilancio pubblico, si preferiva rimandare. Sappiamo come andò a finire.
(Y. Gutgeld)
Yoram Gutgeld, commissario alla spending review, difende la Legge di stabilità dalle critiche. Evidentemente la pensava diversamente il professor Roberto Perotti, dimessosi pochi giorni fa ammettendo laconicamente di sentirsi poco utile.
Comprensibile il senso di inutilità avvertito da Perotti, dato che le sue proposte, dopo aver ricevuto gli apprezzamenti di rito da parte del presidente del Consiglio (che, pure, lo aveva nominato), sono state accantonate.
La verità appare sempre meno negabile: di tagliare la spesa pubblica manca la volontà politica, perché di spesa pubblica c'è chi ci campa e costoro generalmente votano. All'ennesima rinuncia da parte di un tecnico (dopo Giarda, Bondi e Cottarelli, per restare agli anni recenti), dovrebbe essere evidente che solo una forte motivazione antistatalista può portare a un effettivo ridimensionamento della spesa pubblica. Se, al contrario, si sentono dichiarazioni di riduzioni di spesa alle quali corrispondano, magari, promesse di aumenti di prestazioni di welfare, significa che si è di fronte a un classico esercizio di cialtroneria politica.
Ciò detto, Gutgeld afferma che nelle due leggi di stabilità dell'era renziana sono stati tagliati 20 miliardi di spesa. Peccato che nei saldi del bilancio dello Stato queste affermazioni continuino a non trovare corrispondenza. Lo stesso potrebbe dirsi per i tagli delle tasse, nel senso che se si riducono talune tasse per 35 miliardi e se ne aumentano altre per un importo uguale o superiore, non vi è alcuna riduzione di tasse. A meno che il ragionamento non si limiti a considerare i soggetti beneficiari dei tagli netti. Un modo quanto meno discutibile di ragionare, soprattutto quando si valuta una manovra nel suo complesso.
Tralascio di occuparmi del recupero di evasione per concludere sulla riduzione degli interessi sul debito. Al di là del fatto che la storia della "credibilità" del governo è molto meno tangibile delle azioni (a mio parere elogiate in modo miope) della BCE, occorre una certa dose di imprudenza nel considerare strutturale quella minore spesa, soprattutto in presenza di una massa di debito pubblico che si ostina a non diminuire.
In definitiva, Gutgeld difende un impianto di legge di stabilità ispirata al keynesismo all'amatriciana che tanto piace in Italia. Quello che promette un paio di decimali di Pil in più l'anno dopo (tutti poi da verificare) ponendo le basi per una amara sorpresa quando il ciclo si indebolisce. E' un po' il revival di diverse manovre finanziarie degli anni duemila, quando lo spread era basso e, invece di sistemare il bilancio pubblico, si preferiva rimandare. Sappiamo come andò a finire.
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