Scorie - Dipendenza da droga monetaria
"E' anche vero, però, che un quantitative easing risolverebbe molte cose.
Abbasserebbe i rendimenti a lunga scadenza che sono un punto di riferimento
per i tassi sui prestiti. Le vendite alla Bce libererebbero inoltre i
bilanci delle banche che cercherebbero quindi alternative per i loro
investimenti, sperabilmente in direzione dell'economia reale. Aiuterebbe
inoltre quel delelveraging – riduzione dei debiti e pulizia dei bilanci –
senza il quale le politiche di sostegno della domanda, pur necessarie,
potrebbero non essere efficaci."
(R. Sorrentino)
Riccardo Sorrentino scrive articoli per lo più relativi alla politica
monetaria delle banche centrali sul Sole 24 Ore. Credo non stupisca nessuno
che la linea editoriale di quel giornale sia di pieno appoggio alle
politiche monetarie espansive e che nessun provvedimento della Bce, per
quanto lodato essendo voluto da Mario Draghi (e quindi, per l'establishment
nostrano, lodevole a prescindere), sia ritenuto sufficiente. Ovviamente se
la Bce non fa di più è colpa dei soliti tedeschi e del loro egoismo,
prosegue la narrazione.
Nonostante lo scorso 5 giugno la Bce abbia annunciato provvedimenti che
forniranno liquidità abbondante e a bassissimo costo al sistema bancario
potenzialmente fino a settembre 2018, il mancato lancio di un programma di
acquisto di titoli (di Stato) sul mercato secondario in modalità e quantità
paragonabili a quelli posti in essere negli Stati Uniti e in Giappone ha
lasciato insoddisfatti i tossici della creazione di moneta dal nulla. Lo
stesso Fondo Monetario Internazionale, elefantiaca struttura infarcita di
tecnocrati keynesiani, ha sollecitato la Bce a lanciare un quantitative
easing (QE).
Sorrentino elenca alcuni effetti (da lui ritenuti positivi) che avrebbe il
QE. L'abbassamento ulteriore dei già bassi rendimenti a lunga scadenza
sarebbe probabile, ma non si sa quanto consistente. In ogni caso, prendendo
la scadenza decennale come punto di riferimento, nell'area euro oggi i
titoli di Stato hanno rendimenti che vanno da poco più dell'1.30 per cento
della Germania al 5.85 per cento della Grecia, al netto della quale chi
paga di più (il Portogallo) si ferma sotto al 3.5 per cento. Perfino
l'indebitatissima Italia paga attorno al 2.90 per cento.
Se qualcuno ritiene che il livello dei tassi di interesse sia ancora un
problema, credo sia evidentemente in preda agli effetti della droga
monetaria assunta a dosi crescenti, ma che finisce per non bastare mai. Per
di più, un QE effettuato in base alle proporzioni di partecipazione dei
singoli Stati al capitale della Bce non ridurrebbe gli spread nei confronti
della Germania (sarebbero proprio i titoli tedeschi i più comprati, seguiti
da quelli francesi e italiani). D'altra parte, un acquisto mirato a
comprimere ulteriormente gli spread nei confronti della Germania dovrebbe
escludere proprio i titoli tedeschi, e questo sarebbe politicamente
irrealistico.
Quanto al fatto che le banche utilizzerebbero i soldi derivanti dalla
vendita di titoli di Stato alla Bce per aumentare il credito a famiglie e
imprese, ciò potrebbe avvenire anche ai livelli di tassi attuali. Se non è
finora avvenuto è perché le stesse banche, a corto di mezzi propri, hanno
preferito continuare a tenere i titoli di Stato (seppure a rendimenti
parecchio diminuiti rispetto all'apice della crisi), che per norme di
vigilanza non richiedono l'accantonamento di mezzi propri, invece che fare
credito a famiglie e imprese.
Considerando che aumentare i mezzi propri è possibile solo accantonando gli
utili (oggi inesistenti) o lanciando aumenti di capitale (oggi molto
onerosi), per aumentare i coefficienti patrimoniali finora è stato più
conveniente sostituire il credito con attività che non assorbono capitale
(come i titoli di Stato, appunto).
Quando scoppiò la crisi (perfino) le autorità di vigilanza conclusero che
era necessario che le banche disponessero di maggiori mezzi propri. Nacque
Basilea 3, che peraltro andrà a regime gradualmente entro fine decennio e
non credo migliorerà le cose in misura sostanziale.
Dato che oggi il problema non è la carenza di liquidità (la Bce ne fornisce
in quantità illimitate a richiesta delle banche in cambio di collaterale
già dall'autunno del 2008), i tossici della droga monetaria probabilmente
si renderanno conto che il punto chiave sono gli assorbimenti patrimoniali.
Posto che i diversi accordi di Basilea dimostrano quanti danni possa fare
l'interventismo e anche quanto lo stesso tenda a stratificarsi per
aggiungere distorsioni volte a correggere le conseguenze inintenzionali di
quelle precedenti, la revisione della struttura degli assorbimenti
patrimoniali potrebbe avvenire sostanzialmente in due modi: aumentando gli
attualmente inesistenti assorbimenti sui titoli di Stato e/o riducendo gli
assorbimenti sulle altre forme di impiego.
Va da sé che se il sistema bancario è sottopatrimonializzato la prima
soluzione sarebbe la meno peggio (ancorché sempre una distorsione al
mercato). Ma è evidente che i primi a opporsi sarebbero gli Stati, e per
ovvie ragioni. E' anche altrettanto evidente che i tossici della droga
monetaria neppure vorrebbero andare verso la prima soluzione e
chiederebbero a gran voce la seconda. Ma questo non farebbe altro che
aumentare la leva nei bilanci bancari, altro che delaveraging.
Quanto al lato di famiglie e imprese, trovo che l'idea di ottenere un
delaveraging aumentando il debito (l'altra faccia della medaglia del
credito) sia un ossimoro concettuale. L'unica possibilità di delaveraging
sarebbe connessa all'abbassamento del valore reale del debito nel tempo
mediante inflazione. Una via sempre cara a monetaristi e keynesiani, ma che
non può essere praticata indefinitamente, dato che prima o poi o si
interrompe la politica inflattiva, oppure il sistema implode per il venire
meno della fiducia nel valore della moneta.
In fin dei conti l'obiettivo del QE è proprio di erodere il debito (oltre a
svalutare il cambio). Ma quando i nodi arrivano al pettine, come per
esempio nel 2007/2008, ci si accorge che accumulare debiti credendo di
poterli smaltire facilmente non funziona. Allora si era in un periodo di
rientro da politiche monetarie espansive che hanno fatto esplodere la bolla
immobiliare e coinvolto gran parte del sistema finanziario. Oggi siamo in
una situazione peggiore quanto a dimensioni dell'espansione monetaria,
eppure se ne chiede ancora di più.
E ancor di più se ne chiederebbe se si arrivasse a un'altra crisi. Senza
imparare proprio nulla da quanto accaduto.
Abbasserebbe i rendimenti a lunga scadenza che sono un punto di riferimento
per i tassi sui prestiti. Le vendite alla Bce libererebbero inoltre i
bilanci delle banche che cercherebbero quindi alternative per i loro
investimenti, sperabilmente in direzione dell'economia reale. Aiuterebbe
inoltre quel delelveraging – riduzione dei debiti e pulizia dei bilanci –
senza il quale le politiche di sostegno della domanda, pur necessarie,
potrebbero non essere efficaci."
(R. Sorrentino)
Riccardo Sorrentino scrive articoli per lo più relativi alla politica
monetaria delle banche centrali sul Sole 24 Ore. Credo non stupisca nessuno
che la linea editoriale di quel giornale sia di pieno appoggio alle
politiche monetarie espansive e che nessun provvedimento della Bce, per
quanto lodato essendo voluto da Mario Draghi (e quindi, per l'establishment
nostrano, lodevole a prescindere), sia ritenuto sufficiente. Ovviamente se
la Bce non fa di più è colpa dei soliti tedeschi e del loro egoismo,
prosegue la narrazione.
Nonostante lo scorso 5 giugno la Bce abbia annunciato provvedimenti che
forniranno liquidità abbondante e a bassissimo costo al sistema bancario
potenzialmente fino a settembre 2018, il mancato lancio di un programma di
acquisto di titoli (di Stato) sul mercato secondario in modalità e quantità
paragonabili a quelli posti in essere negli Stati Uniti e in Giappone ha
lasciato insoddisfatti i tossici della creazione di moneta dal nulla. Lo
stesso Fondo Monetario Internazionale, elefantiaca struttura infarcita di
tecnocrati keynesiani, ha sollecitato la Bce a lanciare un quantitative
easing (QE).
Sorrentino elenca alcuni effetti (da lui ritenuti positivi) che avrebbe il
QE. L'abbassamento ulteriore dei già bassi rendimenti a lunga scadenza
sarebbe probabile, ma non si sa quanto consistente. In ogni caso, prendendo
la scadenza decennale come punto di riferimento, nell'area euro oggi i
titoli di Stato hanno rendimenti che vanno da poco più dell'1.30 per cento
della Germania al 5.85 per cento della Grecia, al netto della quale chi
paga di più (il Portogallo) si ferma sotto al 3.5 per cento. Perfino
l'indebitatissima Italia paga attorno al 2.90 per cento.
Se qualcuno ritiene che il livello dei tassi di interesse sia ancora un
problema, credo sia evidentemente in preda agli effetti della droga
monetaria assunta a dosi crescenti, ma che finisce per non bastare mai. Per
di più, un QE effettuato in base alle proporzioni di partecipazione dei
singoli Stati al capitale della Bce non ridurrebbe gli spread nei confronti
della Germania (sarebbero proprio i titoli tedeschi i più comprati, seguiti
da quelli francesi e italiani). D'altra parte, un acquisto mirato a
comprimere ulteriormente gli spread nei confronti della Germania dovrebbe
escludere proprio i titoli tedeschi, e questo sarebbe politicamente
irrealistico.
Quanto al fatto che le banche utilizzerebbero i soldi derivanti dalla
vendita di titoli di Stato alla Bce per aumentare il credito a famiglie e
imprese, ciò potrebbe avvenire anche ai livelli di tassi attuali. Se non è
finora avvenuto è perché le stesse banche, a corto di mezzi propri, hanno
preferito continuare a tenere i titoli di Stato (seppure a rendimenti
parecchio diminuiti rispetto all'apice della crisi), che per norme di
vigilanza non richiedono l'accantonamento di mezzi propri, invece che fare
credito a famiglie e imprese.
Considerando che aumentare i mezzi propri è possibile solo accantonando gli
utili (oggi inesistenti) o lanciando aumenti di capitale (oggi molto
onerosi), per aumentare i coefficienti patrimoniali finora è stato più
conveniente sostituire il credito con attività che non assorbono capitale
(come i titoli di Stato, appunto).
Quando scoppiò la crisi (perfino) le autorità di vigilanza conclusero che
era necessario che le banche disponessero di maggiori mezzi propri. Nacque
Basilea 3, che peraltro andrà a regime gradualmente entro fine decennio e
non credo migliorerà le cose in misura sostanziale.
Dato che oggi il problema non è la carenza di liquidità (la Bce ne fornisce
in quantità illimitate a richiesta delle banche in cambio di collaterale
già dall'autunno del 2008), i tossici della droga monetaria probabilmente
si renderanno conto che il punto chiave sono gli assorbimenti patrimoniali.
Posto che i diversi accordi di Basilea dimostrano quanti danni possa fare
l'interventismo e anche quanto lo stesso tenda a stratificarsi per
aggiungere distorsioni volte a correggere le conseguenze inintenzionali di
quelle precedenti, la revisione della struttura degli assorbimenti
patrimoniali potrebbe avvenire sostanzialmente in due modi: aumentando gli
attualmente inesistenti assorbimenti sui titoli di Stato e/o riducendo gli
assorbimenti sulle altre forme di impiego.
Va da sé che se il sistema bancario è sottopatrimonializzato la prima
soluzione sarebbe la meno peggio (ancorché sempre una distorsione al
mercato). Ma è evidente che i primi a opporsi sarebbero gli Stati, e per
ovvie ragioni. E' anche altrettanto evidente che i tossici della droga
monetaria neppure vorrebbero andare verso la prima soluzione e
chiederebbero a gran voce la seconda. Ma questo non farebbe altro che
aumentare la leva nei bilanci bancari, altro che delaveraging.
Quanto al lato di famiglie e imprese, trovo che l'idea di ottenere un
delaveraging aumentando il debito (l'altra faccia della medaglia del
credito) sia un ossimoro concettuale. L'unica possibilità di delaveraging
sarebbe connessa all'abbassamento del valore reale del debito nel tempo
mediante inflazione. Una via sempre cara a monetaristi e keynesiani, ma che
non può essere praticata indefinitamente, dato che prima o poi o si
interrompe la politica inflattiva, oppure il sistema implode per il venire
meno della fiducia nel valore della moneta.
In fin dei conti l'obiettivo del QE è proprio di erodere il debito (oltre a
svalutare il cambio). Ma quando i nodi arrivano al pettine, come per
esempio nel 2007/2008, ci si accorge che accumulare debiti credendo di
poterli smaltire facilmente non funziona. Allora si era in un periodo di
rientro da politiche monetarie espansive che hanno fatto esplodere la bolla
immobiliare e coinvolto gran parte del sistema finanziario. Oggi siamo in
una situazione peggiore quanto a dimensioni dell'espansione monetaria,
eppure se ne chiede ancora di più.
E ancor di più se ne chiederebbe se si arrivasse a un'altra crisi. Senza
imparare proprio nulla da quanto accaduto.
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