Scorie - Soluzioni che aggravano i problemi
"Una norma da eliminare è sicuramente quella contenuta nella riforma
Fornero che innalza l'età pensionistica a 67 anni: una delle conseguenze è
il blocco del turnover e dell'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro… è
questa una delle principali cause dell'anomalo aumento della
disoccupazione, soprattutto giovanile. Su questo punto bisogna intervenire
piuttosto che inseguire inesistenti rigidità del mercato del lavoro."
(C. Damiano)
Cesare Damiano, già ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi e
attualmente presidente della commissione Lavoro della Camera dei deputati,
ritiene che l'aumento della disoccupazione sia contrastabile abbassando
l'età pensionistica (anche se lui parla di flessibilità). Al tempo stesso,
ritiene "inesistenti" le rigidità del mercato del lavoro.
Sul secondo punto l'opinione di Damiano si scontra con quella della quasi
totalità dei datori di lavoro; io credo che sarebbe irrealistico (e anche
ridicolo) considerare tutti costoro degli spietati aguzzini che vogliono
precarizzare le condizioni dei loro collaboratori. Resta il fatto che il
dualismo che si è venuto sviluppando nel mercato del lavoro tra dipendenti
a tempo indeterminato difficilmente licenziabili e dipendenti a tempo
determinato con contratti sempre più corti e discontinui con ogni
probabilità non ci sarebbe se licenziare i primi fosse meno complicato.
Quanto all'età pensionabile, sarebbe illusorio credere di risolvere il
problema della disoccupazione giovanile riprendendo a mandare in pensione
le persone a 60 anni o anche meno. Se il sistema pensionistico fosse a
capitalizzazione e non a ripartizione, sarebbe non solo possibile, ma
perfino auspicabile consentire a ogni individuo di scegliere quando andare
in pensione.
Purtroppo, però, il sistema pensionistico italiano (come tanti altri
sistemi pubblici) è a ripartizione e anche se si sta (lentamente!) passando
da un sistema retributivo a uno contributivo, le pensioni attuali possono
essere pagate solo dai contributi versati da chi lavora.
Aumentare il numero di pensionati con un'aspettativa di vita pari o
superiore a 20 anni non sarebbe l'ideale per un sistema già in precario
(dis)equilibrio. Dato, però, che i nodi verranno al pettine dopo la
prossima scadenza elettorale, ai Damiano di questo mondo è facile
raccogliere consenso spacciando per soluzioni provvedimenti che
aggraverebbero solo i problemi.
Fornero che innalza l'età pensionistica a 67 anni: una delle conseguenze è
il blocco del turnover e dell'ingresso dei giovani nel mondo del lavoro… è
questa una delle principali cause dell'anomalo aumento della
disoccupazione, soprattutto giovanile. Su questo punto bisogna intervenire
piuttosto che inseguire inesistenti rigidità del mercato del lavoro."
(C. Damiano)
Cesare Damiano, già ministro del Lavoro nel secondo governo Prodi e
attualmente presidente della commissione Lavoro della Camera dei deputati,
ritiene che l'aumento della disoccupazione sia contrastabile abbassando
l'età pensionistica (anche se lui parla di flessibilità). Al tempo stesso,
ritiene "inesistenti" le rigidità del mercato del lavoro.
Sul secondo punto l'opinione di Damiano si scontra con quella della quasi
totalità dei datori di lavoro; io credo che sarebbe irrealistico (e anche
ridicolo) considerare tutti costoro degli spietati aguzzini che vogliono
precarizzare le condizioni dei loro collaboratori. Resta il fatto che il
dualismo che si è venuto sviluppando nel mercato del lavoro tra dipendenti
a tempo indeterminato difficilmente licenziabili e dipendenti a tempo
determinato con contratti sempre più corti e discontinui con ogni
probabilità non ci sarebbe se licenziare i primi fosse meno complicato.
Quanto all'età pensionabile, sarebbe illusorio credere di risolvere il
problema della disoccupazione giovanile riprendendo a mandare in pensione
le persone a 60 anni o anche meno. Se il sistema pensionistico fosse a
capitalizzazione e non a ripartizione, sarebbe non solo possibile, ma
perfino auspicabile consentire a ogni individuo di scegliere quando andare
in pensione.
Purtroppo, però, il sistema pensionistico italiano (come tanti altri
sistemi pubblici) è a ripartizione e anche se si sta (lentamente!) passando
da un sistema retributivo a uno contributivo, le pensioni attuali possono
essere pagate solo dai contributi versati da chi lavora.
Aumentare il numero di pensionati con un'aspettativa di vita pari o
superiore a 20 anni non sarebbe l'ideale per un sistema già in precario
(dis)equilibrio. Dato, però, che i nodi verranno al pettine dopo la
prossima scadenza elettorale, ai Damiano di questo mondo è facile
raccogliere consenso spacciando per soluzioni provvedimenti che
aggraverebbero solo i problemi.
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