Scorie - Ciò che non si vede (o non si vuole vedere)

"Scandaloso. Ecco un'altra ragione per dire, ribadire e urlare che tutto
questo accade perché c'è un'Europa che del lavoro e dei diritti se ne
frega. E il governo dove sta mentre le aziende delocalizzano per
convenienza e i lavoratori sono buttati per strada con stipendi decurtati?
Questa è Europa o Africa profonda? Troppo comodo chiudere tutto per
trasferirsi in Serbia dove potranno pagare stipendi da 400 euro al mese.
Qui il costo del lavoro c'entra ben poco e se si va avanti così a breve si
dovrà fare fronte a un grave e  diffuso disagio sociale. Il tutto con il
beneplacito dell'Europa e del Governo Renzi, che più che al lavoro pensa a
non disturbare i grandi manovratori che l'hanno portato a Palazzo Chigi."
(F. Cecchetti)

Così il Vicepresidente del Consiglio regionale della Lombardia Fabrizio
Cecchetti (Lega Nord) ha commentato la decisione di una società di chiudere
il call center di Milano, nel quale lavorano 200 persone, per trasferire
tutto in Serbia. Cecchetti, che intende presentare un'interrogazione
all'Assessore al Lavoro della Regione Lombardia, peraltro presieduta dal
suo collega e già segretario di partito Roberto Maroni, probabilmente è
mosso da buone intenzioni, ma pare ignorare le basi dell'economia.

Qualunque individuo agisce per rimuovere uno stato di insoddisfazione, per
soddisfare un bisogno. Da questo punto di vista, ognuno agisce per
massimizzare il proprio profitto, che a livello psicologico è
inevitabilmente soggettivo. Nel caso di un imprenditore, quindi, non è
necessariamente detto che il profitto che intende massimizzare sia quello
dato dalla differenza tra ricavi e costi espressi in termini monetari.
Occorre peraltro aggiungere che se l'attività non genera almeno un
equilibro tra ricavi e costi monetari, la stessa è configurabile come mera
filantropia, ed è destinata in tempi più o meno lunghi a cessare per
esaurimento del patrimonio del filantropo.

A maggior ragione, però, quando un'impresa ha scopo di lucro, è ragionevole
attendersi che l'imprenditore cerchi di massimizzare la differenza positiva
tra ricavi e costi espressi in termini monetari. Tale massimizzazione può
avvenire aumentando i ricavi e/o diminuendo i costi. Altre vie, in un
contesto di mercato, non sono percorribili.

Se l'imprenditore ritiene che spostare la produzione del servizio in Serbia
(o altrove) possa migliorare la redditività aziendale (in teoria potrebbe
farlo per altri motivi, ma supponiamo che lo faccia per migliorare la
redditività aziandale), ha poco senso gridare allo scandalo. Premesso che
la decisione di delocalizzare è soggetta a esiti incerti e che
l'imprenditore potrebbe subire perdite in conseguenza della
delocalizzazione stessa, impedirgli di spostare la sede all'estero non
sarebbe sufficiente a evitare la chiusura dell'azienda, a meno che
Cecchetti non ipotizzi di forzare un'impresa a restare in attività anche
contro il volere del proprietario. In tal caso dovrebbe proporre una
regionalizzazione, un provvedimento, quello sì, degno dei peggiori regimi
dell'Africa profonda o dell'America latina.

In alternativa potrebbe proporre di sovvenzionare quell'impresa affinché
continui a mantenere l'attività a Milano. Da un punto di vista economico,
la regionalizzazione o la concessione di sovvenzioni sono forme diverse di
una stessa impostazione tipica di chi è avverso al mercato e ha la pretesa
di imporre ad altri, tramite la legislazione, ciò che soggettivamente
ritiene sia meglio. Ovviamente il tutto avviene a spese altrui, ossia a
spese del proprietario dell'impresa e/o di coloro che pagano le tasse.

Come tutto ciò sia antitetico al rispetto della libertà e del diritto di
proprietà (dell'imprenditore e dei contribuenti) dovrebbe essere evidente.
Meno evidenti sono spesso le conseguenze inintenzionali di provvedimenti
volti a limitare la libertà di impresa per conseguire quello che si ritiene
essere il bene comune (o interesse generale che dir si voglia). Come
direbbe Bstiat, ciò che si vede sono i posti di lavoro "salvati" a Milano,
ciò che non si vede sono invece tutte le attività non fatte (compresa
probabilmente la creazione di altri posti di lavoro) con le risorse
sottratte ai legittimi proprietari per regionalizzare o sovvenzionare una
specifica impresa.

Mi rendo conto che politicamente possa portare consenso, ma credo sarebbe
il caso di non tirare in ballo il governo o l'Europa. I quali, purtroppo,
si danno già da fare a sufficienza per rendere dannatamente complicata
l'attività di impresa.

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