Scorie - La disaffezione verso i vaccini era prevedibile

A poche settimane dall'avvio della campagna vaccinale, gli esperti segnalano, anche sulla base dei numeri del 2023, una sorta di "disaffezione" degli italiani, non solo per il vaccino contro il Covid, ma anche per quello contro l'influenza stagionale.

L'anno scorso si sono vaccinati contro l'influenza il 18,9% delgi italiani (53,5% tra gli over 65, contro il 75% di target dell'Organizzazione Mondiale della Sanità). Contro il Covid si sono vaccinati il 3,75% degli italiani (10% considerando solo gli over 60).

Secondo il Direttore della prevenzione del ministero della Salute, Francesco Vaia, il cittadino "essere informato e messo in condizioni di poter decidere con consapevolezza con il supporto, indispensabile della scienza e dei suoi attori, a partire dai medici. Chi ha responsabilità deve dire precisamente ed in maniera diretta agli italiani se questo strumento è davvero strategico. Nessuno può tirarsi indietro."

Non sono un medico, men che meno virologo, ma non fatico a capire perché ci sia "disaffezione" verso i vaccini, soprattutto quello contro il Covid. Dopo essere stati in buona sostanza costretti a vaccinarsi (pena l'impossibilità di entrare in locali pubblici, mezzi di trasporto, o anche di lavorare) ai tempi della pandemia, sentendosi dire che la vaccinazione avrebbe evitato di contrarre la malattia, salvo poi prendere atto che non era così (e in taluni casi avendo anche non trascurabili effetti collaterali), cosa ci si aspettava? Che tutti quanti facessero la fila per farsi iniettare una sostanza che non evita con certezza la contrazione di un virus che in persone non anziane e in buona salute ha sintomi non troppo dissimili da una influenza?

Proprio l'informazione (oltre alla sostanziale coercizione) è stata il punto debole della campagna vaccinale nel 2020-21. E anche un popolo mediamente ovino, evidentemente, ha delle perplessità. 

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