Scorie - Quale interesse nazionale?

Come ho già avuto modo di commentare a più riprese, passano i governi ma certe idrovore di denaro dei pagatori di tasse continuano imperterrite a funzionare a pieno regime. Di annuncio in annuncio di soluzioni imminenti, Alitalia e l'ex Ilva pare che continueranno ancora per diverso tempo a rientrare nell'elenco di tali idrovore, con un posto fisso sul podio.

Stefano Patuanelli, ministro dello Sviluppo economico (M5S), intervenendo alla commissione Industria del Senato ha sdoganato perfino la rinascita dell'Iri, perché "dobbiamo proteggere la nostra produzione industriale e le nostre imprese", nonché "difendere l'interesse nazionale".

Chi da decenni paga il conto e continuerà a pagarlo si suppone debba farsene una ragione, ancorché legittimamente possa nutrire perplessità su ciò che viene identificato come "interesse nazionale".

Si noti, tra l'altro, la situazione paradossale: la maggior parte di politici, accademici ed esperti assortiti predicano un giorno sì e l'altro pure a favore della crescita dimensionale delle imprese. Quando in crisi finisce una piccola impresa, nessuno interviene (come è normale che sia), mentre se si tratta di una grande impresa si tira in ballo la difesa dell'interesse nazionale e i costi sono a carico dei pagatori di tasse.

Di solito a sostenere che sia giusto così sono le stesse persone che considerano la Costituzione un testo sacro, nonostante sia evidente la disuguaglianza di fatto che si crea tra gli stakeholders (per usare un termine caro agli accademici ed esperti di cui sopra) di una piccola impresa e quelli di una grande impresa, con buona pace dell'articolo 3 della carta "più bella del mondo". Per di più, se tutte le imprese avessero le dimensioni auspicate da questi signori sarebbe impossibile tenerle tutte a galla, perché il conto da pagare sarebbe troppo alto.

Bonta sua, Patuanelli ha finalmente ammesso che per Alitalia "in questo momento la soluzione di mercato non c'è". Ovviamente si riferisce a una soluzione che preveda la continuità aziendale ed eviti o contenga al massimo gli esuberi di personale. Perché il mercato la soluzione, per quanto sgradevole, la sta indicando da decenni: la liquidazione.

Patuanelli afferma però che il governo sta "valutando diverse possibilità, lo spezzatino e la vendita di asset separati domani non è tra queste", concludendo che la privatizzazione di Alitalia dopo il salvataggio del 2008 non sia proceduta perché la compagnia "ha una dimensione che il mercato fatica ad accettare."

Si tratta di una stupidaggine di dimensioni sesquipedali, perché l'unica cosa che il mercato fa fatica ad accettare è il mantenimento in vita di una compagnia aerea che non riesce a non perdere (molti) soldi.

Per questo è necessario continuare a obbligare i pagatori di tasse a farsi carico del conto.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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