Scorie - La differenza tra il fisco e Google

Come è noto, è in corso una discussione tra governo e autorità garante della privacy in merito alle modalità di utilizzo dell'enorme mole di dati che gli intermediari finanziari mettono da anni a disposizione del fisco. Una pluralità di database che finora (fortunatamente) l'agenzia delle Entrate ha usato poco e male, ma che, potenzialmente, potrebbe realizzare una distopia degna di 1984.

Commentando la vicenda sul Sole 24 Ore, Salvatore Padula ricorre al molto (ab)usato paragone tra il fisco e le principali società che utilizzano i dati dei clienti.

"Non è un mistero che molte amministrazioni in giro per il mondo stiano provando a utilizzare i dati con un approccio simile a quello delle grandi società commerciali: intelligenza artificiale, cognitive computing, analisi avanzata dei dati, tecniche di data mining e altre diavolerie. Pensiamoci bene: sarebbe paradossale consentire a Google, Amazon e Facebook di usare i nostri dati - dagli acquisti ai viaggi, dalle letture alle amicizie - senza che noi ce ne preoccupiamo particolarmente e con modalità che al fisco, per di più per un'attività di rilevante interesse pubblico, sarebbero invece vietate. Magari nel nome della privacy."

A costo di dover ribadire un concetto ovvio, esiste una fondamentale differenza tra un'amministrazione fiscale e le società citate da Padula: queste ultime ottengono i dati a seguito di azioni compiute volontariamente dai soggetti i cui dati sono oggetto di elaborazione, ancorché tali soggetti possano esserne non sempre pienamente consapevoli.

Viceversa, i dati ottenuti dal fisco sono inviati da intermediari finanziari sulla base di provvedimenti legislativi, anche qualora la persona dei cui dati si tratta fosse contraria a tale invio.

Le società che profilano gli individui possono al più inviare agli individui stessi messaggi volti a sollecitare acquisti di questo o quel prodotto, ma non possono obbligare nessuno a fare alcunché. Al contrario, il fisco può utilizzare quei dati per ottenere un incremento delle tasse pagate dalle persone in questione. E anche quando tali maggiori tasse non sono dovute, il contenzioso è inevitabile, con dispendio di tempo e denaro.

Direi, quindi, che paragonare il fisco a società private, per quanto si ritenga discutibile l'uso dei dati che queste società fanno, sia quanto mai fuori luogo e andrebbe evitato. Per non dover rimpiangere, in un futuro più o meno prossimo, i giorni in cui il fisco utilizzava poco e male i dati a sua disposizione, anche grazie a qualche perplessità avanzata dal garante della privacy.

 "Se io domenica mattina vado a votare - ha sottolineato il Cardinale- è perché sono convinto che esista un bene comune che riguarda te, riguarda tutti noi. Siamo un 'noi' di cui dobbiamo tenere conto. E mi fa paura, invece, questo atteggiamento individualistico, in fondo, di non scegliere. E, poi, quante nazioni ci sono nel mondo dove non si vota, dove c'è una testa che ha già pensato tutto... In fondo noi viviamo in una democrazia... E' un valore aggiunto anche la democrazia. In democrazia senti cose dritte, senti cose storte, senti cose che condividi e non condividi... Certamente tutti abbiamo il dovere di informarci, di farci una coscienza. Il voto è esprimere un giudizio".

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