Scorie - La moltiplicazione (dei costi)
I keynesiani, come noto, credono che i provvedimenti di politica fiscale espansivi abbiano effetti moltiplicativi sul Pil. Oltre a sopravvalutare generalmente questi effetti sul breve periodo, tralasciano di pensare a ciò che avviene oltre il breve periodo (perché, come sosteneva il "maestro", "nel lungo periodo saremo tutti morti").
Fatto sta che negli esperimenti keynesiani vi è sovente una tendenza a un aumento del debito pubblico superiore a quella del Pil, il che richie prima o poi una mazzolata fiscale o inflattiva.
Ogni volta che viene proposto un esperimento keynesiano, se qualcuno avanza delle perplessità citando l'esperienza pregressa (e usando un pizzico di buon senso), la risposta è sempre più o meno la stessa: questa volta sarà diverso. Perché, ovviamente, chi ha preso i provvedimenti precedenti ha sbagliato qualcosa.
Sarà probabilmente l'abitudine a supporre che tutto quello che fanno abbia effetti moltiplicativi, suppongo, a giustificare la spiegazione di Paolo Savona sugli effetti benefici della prospettata revisione della legge Fornero sulle pensioni.
"La revisione della legge Fornero è stata decisa perché noi siamo sufficientemente convinti che avrà un moltiplicatore dell'occupazione giovanile, cioè ogni pensionato che va via trascinerà due giovani nel sistema."
Che il costo di un pensionando per l'impresa possa essere mediamente pari al doppio di quello di un neoassunto è verosimile, ma non è altrettanto verosimile che per ogni lavoratore in uscita per prepensionamento le imprese assumano due giovani.
Mentre è certo che serviranno i contributi di ben più di due neoassunti per pagare le pensioni dei beneficiari della controriforma prospettata. Perché, purtroppo, il sistema pensionistico pubblico resta a ripartizione, per cui gli assegni di chi oggi percepisce la pensione (anche di chi, in un sistema a capitalizzazione puro, percepirebbe lo stesso assegno) sono pagati da chi sta versando contributi (e in parte anche dalla cosiddetta fiscalità generale).
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