Scorie - Se il contribuente salva il risparmiatore, chi salva il contribuente?
"Continuano a crescere la confusione e la baruffa politica in merito all'applicazione del meccanismo di risoluzione a quattro banche da tempo in amministrazione straordinaria. L'operazione, coordinata da governo e Banca d'Italia in accordo con la Commissione Ue, ha evitato il "bail-in", che entrerà in vigore dal 1° gennaio 2016, ma ha comportato l'azzeramento sia delle azioni, sia delle obbligazioni subordinate emesse dalle banche in questione."
In sostanza sono state create quattro nuove banche che hanno ereditato da quelle in amministrazione straordinaria gli asset non deteriorati e il personale, mentre il capitale è stato sottoscritto dall'autorità di risoluzione mediante i contributi al fondo unico di risoluzione da parte delle altre banche (quelle sane, o meno malate). Queste banche hanno finora dovuto versare la quota di contribuzione relativa al 2015, oltre ad anticipare ulteriori tre quote annuali. E non è detto che il conto non aumenterà nuovamente. I crediti deteriorati sono stati conferiti a una "bad bank" unica, dopo significativa svalutazione. Quanto alle vecchie banche in amministrazione straordinaria, verranno liquidate.
Nonostante si tratti di applicare norme previste da una direttiva votata dal Parlamento europeo con il voto favorevole di gran parte degli europarlamentari italiani, adesso che si è applicato il meccanismo di risoluzione, peraltro evitando il "bail-in", pare che tutti cadano dalle nuvole.
Molto probabilmente se la situazione si fosse trascinata fino al 2016 sarebbero stati intaccate anche le obbligazioni senior e i depositi eccedenti i 100.000 euro. Quindi le cose avrebbero anche potuto andare peggio, il che basta al presidente del Consiglio per affermare: "Meno male che abbiamo fatto quel decreto per salvare quattro banche, perché la situazione sarebbe stata molto peggiore. Sono molto lieto della misura del governo perché ha permesso di salvare i conti correnti dei cittadini di quattro banche e migliaia di posti di lavoro".
In realtà la soluzione, se così la si vuole definire, costa molto più di quella che le banche (meno malate) avevano predisposto, mediante il Fondo di tutela dei depositi. L'onere sarebbe stato, almeno inizialmente, inferiore per le banche stesse e gli obbligazionisti subordinati non avrebbero perso il loro capitale. Ma la Commissione ha negato la fattibilità di quella soluzione (anche se adesso il gioco a scaricabarile tra istituzioni italiane – governo e Banca d'Italia – e Commissione è a uno stadio abbastanza avanzato), ritenendo che si sarebbe trattato di aiuti di Stato. A dire il vero i soldi li avrebbero messi comunque le banche (meno malate), per cui il punto sostanziale è che il governo italiano probabilmente ha preferito tirare la corda sull'espansione del deficit nel 2016 invece che trattare su questa faccenda.
E Renzi adesso afferma che "E' impossibile per le regole Ue salvare in modo definitivo gli azionisti e obbligazionisti subordinati ma stiamo cercando con grande impegno e tenacia di individuare una soluzione, nei limiti delle regole europee, di avere una forma di ristoro. Ci stiamo lavorando". In pratica mette le mani avanti, come a dire che se la gente ha perso soldi è colpa dell'Europa.
Ovviamente ognuno cerca di tirare l'acqua al proprio mulino, per cui gli avversari politici invocano rimborsi pieni agli obbligazionisti (qualcuno vorrebbe rimborsare perfino gli azionisti) e inveiscono contro governo e Banca d'Italia. I quali certamente non hanno brillato (per usare un generoso eufemismo) nella gestione di queste crisi.
E allora ecco, tra le tante, Mara Carfagna di Forza Italia, sostenere che "Le persone vengono prima di tutto, non si può pensare di sacrificare la vita umana, il lavoro, i risparmi così faticosamente messi da parte, per il 'bene
superiore' di un istituto di credito. Quando un uomo, un pensionato arriva a togliersi la vita perché si sente tradito dalla banca di cui si fidava, e che gli ha fatto perdere tutto, non si ha più a che fare solo con manovre relative alla finanza, ma con la vita delle persone. L'UE non può opporsi a misure che sono ormai indispensabili in nome di una ortodossia che privilegia regole ottuse a scapito della dignità dei popoli, non può mettere paletti all'Italia, che ha aiutato altri Paesi europei quando si sono trovati a dover fronteggiare crisi finanziare, economiche e sociali drammatiche. Renzi e Padoan non lo devono solo chiedere, lo devono pretendere. E devono agire prima che sia troppo tardi. Non si tratta solo di salvare quattro banche, ma di soccorrere tantissimi risparmiatori italiani".
Una dichiarazione politicamente comprensibile, ma che, al di là del dramma umano di chi, perdendo molto denaro, arriva a suicidarsi, parla a mio avviso un po' a sproposito di "dignità dei popoli".
Anche Alessandro di Battista del M5S ha detto la sua: "Ho il voltastomaco. Salvano le banche con i soldi della povera gente. L'hanno sempre fatto. Fa parte della trasformazione in 'democrazia bancaria' che stiamo
subendo da anni. Un pensionato si è ucciso dopo aver perso i risparmi nel salvataggio di Banca Etruria. Oggi diranno che chi lo ricorda è uno sciacallo. Per me gli sciacalli, quelli veri, stanno in Parlamento! L'Italia è diventata una Repubblica fondata sulla banche, non sul lavoro. Le banche finanziano i giornali, a volte ne detengono una quota di proprietà. Le banche finanziano la politica e in cambio ricevono i famosi decreti salva-banche".
Ora, le alternative per affrontare la crisi delle banche in questione erano sostanzialmente tre: la prima sarebbe consistita nella liquidazione coatta amministrativa, o, nel 2016, nell'applicazione del "bail-in": in questo caso le perdite a carico di azionisti e obbligazionisti (non solo subordinati) ci sarebbero comunque state.
La seconda alternativa sarebbe consistita nell'intervento predisposto dalle banche (meno malate) tramite il Fondo di tutela dei depositi, poi pre-bocciato dalla Commissione Ue. In quel caso l'onere sarebbe stato a carico degli azionisti delle banche in crisi, e in parte degli azionisti delle banche (meno malate), dato che ogni euro messo nel salvataggio di un'altra banca corrisponde a un costo.
La terza è la via adottata con il decreto varato dal governo. Anche in questo caso gli azionisti delle banche (meno malate) sopportano il peso del salvataggio, oltre agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati delle banche in crisi.
Ora, se è "povera gente" quella che ha investito in azioni e obbligazioni subordinate delle banche "salvate", potrebbero esserlo anche coloro che hanno azioni delle altre banche (meno malate).
E a maggior ragione sarebbe coinvolta "povera gente" se il salvataggio (o i rimborsi di cui adesso si parla) fossero stati condotti mediante la quarta alternativa, ossia l'intervento pubblico a carico, in ultima analisi, dei contribuenti.
E' vero che l'Italia ha contribuito, pro quota, ai salvataggi di Stati e banche di altri Paesi dell'area euro, ma è altrettanto vero che la stessa cosa non la si è voluta (e potuta, dato l'enorme debito pubblico) fare in Italia. E di questo non ha colpa la Commissione Ue. Tra l'altro, sempre di soldi di contribuenti si parla, anche se a livello non solo nazionale.
Se l'investimento in obbligazioni subordinate è stato fatto dai più inconsapevolmente, credo vadano valutate le responsabilità caso per caso di chi (quasi sempre le stesse banche emittenti) ha collocato quei prodotti, ma addossare l'onere a carico dei contribuenti e delle altre banche (come pare voglia fare il governo con quello che Padoan ha definito "intervento umanitario") finirebbe per pesare su soggetti che non hanno alcuna responsabilità per quanto accaduto (soprattutto i contribuenti).
Come ho notato in altre circostanze, nessuno di quelli che in questi giorni fanno dichiarazioni più o meno a effetto ha mai messo in discussione i veri motivi per cui le banche sono intrinsecamente fragili. Quando si tratta di aumentare i mezzi propri, si levano grida di dolore perché diminuisce l'offerta di credito. Eppure banche più patrimonializzate sono meno fragili.
Né qualcuno addita il sistema della riserva frazionaria quale principale motivo di fragilità delle banche. Eppure un sistema in cui i depositi fossero soggetti a riserva pari al 100% non avrebbe neppure bisogno di un Fondo di tutela (che, peraltro, copre solo una parte marginale del totale dei depositi, essendo quindi "scoperto" nel caso di crisi di una grande banca o del sistema intero). Ma, anche in questo caso, ci sarebbe meno offerta di credito, e a tassi di interesse più elevati.
Eppure, se si vuole che le banche non siano soggette a crisi e a contagio per calo di fiducia da parte dei depositanti, le cause di fragilità dovrebbero essere rimosse. Consentendo poi al mercato di funzionare, lasciando fallire le banche tecnicamente fallite. Perché se si sostiene che un obbligazionista subordinato non ha colpe per la crisi della banca che ha finanziato, meno ancora ne ha chi paga le tasse.
In sostanza sono state create quattro nuove banche che hanno ereditato da quelle in amministrazione straordinaria gli asset non deteriorati e il personale, mentre il capitale è stato sottoscritto dall'autorità di risoluzione mediante i contributi al fondo unico di risoluzione da parte delle altre banche (quelle sane, o meno malate). Queste banche hanno finora dovuto versare la quota di contribuzione relativa al 2015, oltre ad anticipare ulteriori tre quote annuali. E non è detto che il conto non aumenterà nuovamente. I crediti deteriorati sono stati conferiti a una "bad bank" unica, dopo significativa svalutazione. Quanto alle vecchie banche in amministrazione straordinaria, verranno liquidate.
Nonostante si tratti di applicare norme previste da una direttiva votata dal Parlamento europeo con il voto favorevole di gran parte degli europarlamentari italiani, adesso che si è applicato il meccanismo di risoluzione, peraltro evitando il "bail-in", pare che tutti cadano dalle nuvole.
Molto probabilmente se la situazione si fosse trascinata fino al 2016 sarebbero stati intaccate anche le obbligazioni senior e i depositi eccedenti i 100.000 euro. Quindi le cose avrebbero anche potuto andare peggio, il che basta al presidente del Consiglio per affermare: "Meno male che abbiamo fatto quel decreto per salvare quattro banche, perché la situazione sarebbe stata molto peggiore. Sono molto lieto della misura del governo perché ha permesso di salvare i conti correnti dei cittadini di quattro banche e migliaia di posti di lavoro".
In realtà la soluzione, se così la si vuole definire, costa molto più di quella che le banche (meno malate) avevano predisposto, mediante il Fondo di tutela dei depositi. L'onere sarebbe stato, almeno inizialmente, inferiore per le banche stesse e gli obbligazionisti subordinati non avrebbero perso il loro capitale. Ma la Commissione ha negato la fattibilità di quella soluzione (anche se adesso il gioco a scaricabarile tra istituzioni italiane – governo e Banca d'Italia – e Commissione è a uno stadio abbastanza avanzato), ritenendo che si sarebbe trattato di aiuti di Stato. A dire il vero i soldi li avrebbero messi comunque le banche (meno malate), per cui il punto sostanziale è che il governo italiano probabilmente ha preferito tirare la corda sull'espansione del deficit nel 2016 invece che trattare su questa faccenda.
E Renzi adesso afferma che "E' impossibile per le regole Ue salvare in modo definitivo gli azionisti e obbligazionisti subordinati ma stiamo cercando con grande impegno e tenacia di individuare una soluzione, nei limiti delle regole europee, di avere una forma di ristoro. Ci stiamo lavorando". In pratica mette le mani avanti, come a dire che se la gente ha perso soldi è colpa dell'Europa.
Ovviamente ognuno cerca di tirare l'acqua al proprio mulino, per cui gli avversari politici invocano rimborsi pieni agli obbligazionisti (qualcuno vorrebbe rimborsare perfino gli azionisti) e inveiscono contro governo e Banca d'Italia. I quali certamente non hanno brillato (per usare un generoso eufemismo) nella gestione di queste crisi.
E allora ecco, tra le tante, Mara Carfagna di Forza Italia, sostenere che "Le persone vengono prima di tutto, non si può pensare di sacrificare la vita umana, il lavoro, i risparmi così faticosamente messi da parte, per il 'bene
superiore' di un istituto di credito. Quando un uomo, un pensionato arriva a togliersi la vita perché si sente tradito dalla banca di cui si fidava, e che gli ha fatto perdere tutto, non si ha più a che fare solo con manovre relative alla finanza, ma con la vita delle persone. L'UE non può opporsi a misure che sono ormai indispensabili in nome di una ortodossia che privilegia regole ottuse a scapito della dignità dei popoli, non può mettere paletti all'Italia, che ha aiutato altri Paesi europei quando si sono trovati a dover fronteggiare crisi finanziare, economiche e sociali drammatiche. Renzi e Padoan non lo devono solo chiedere, lo devono pretendere. E devono agire prima che sia troppo tardi. Non si tratta solo di salvare quattro banche, ma di soccorrere tantissimi risparmiatori italiani".
Una dichiarazione politicamente comprensibile, ma che, al di là del dramma umano di chi, perdendo molto denaro, arriva a suicidarsi, parla a mio avviso un po' a sproposito di "dignità dei popoli".
Anche Alessandro di Battista del M5S ha detto la sua: "Ho il voltastomaco. Salvano le banche con i soldi della povera gente. L'hanno sempre fatto. Fa parte della trasformazione in 'democrazia bancaria' che stiamo
subendo da anni. Un pensionato si è ucciso dopo aver perso i risparmi nel salvataggio di Banca Etruria. Oggi diranno che chi lo ricorda è uno sciacallo. Per me gli sciacalli, quelli veri, stanno in Parlamento! L'Italia è diventata una Repubblica fondata sulla banche, non sul lavoro. Le banche finanziano i giornali, a volte ne detengono una quota di proprietà. Le banche finanziano la politica e in cambio ricevono i famosi decreti salva-banche".
Ora, le alternative per affrontare la crisi delle banche in questione erano sostanzialmente tre: la prima sarebbe consistita nella liquidazione coatta amministrativa, o, nel 2016, nell'applicazione del "bail-in": in questo caso le perdite a carico di azionisti e obbligazionisti (non solo subordinati) ci sarebbero comunque state.
La seconda alternativa sarebbe consistita nell'intervento predisposto dalle banche (meno malate) tramite il Fondo di tutela dei depositi, poi pre-bocciato dalla Commissione Ue. In quel caso l'onere sarebbe stato a carico degli azionisti delle banche in crisi, e in parte degli azionisti delle banche (meno malate), dato che ogni euro messo nel salvataggio di un'altra banca corrisponde a un costo.
La terza è la via adottata con il decreto varato dal governo. Anche in questo caso gli azionisti delle banche (meno malate) sopportano il peso del salvataggio, oltre agli azionisti e agli obbligazionisti subordinati delle banche in crisi.
Ora, se è "povera gente" quella che ha investito in azioni e obbligazioni subordinate delle banche "salvate", potrebbero esserlo anche coloro che hanno azioni delle altre banche (meno malate).
E a maggior ragione sarebbe coinvolta "povera gente" se il salvataggio (o i rimborsi di cui adesso si parla) fossero stati condotti mediante la quarta alternativa, ossia l'intervento pubblico a carico, in ultima analisi, dei contribuenti.
E' vero che l'Italia ha contribuito, pro quota, ai salvataggi di Stati e banche di altri Paesi dell'area euro, ma è altrettanto vero che la stessa cosa non la si è voluta (e potuta, dato l'enorme debito pubblico) fare in Italia. E di questo non ha colpa la Commissione Ue. Tra l'altro, sempre di soldi di contribuenti si parla, anche se a livello non solo nazionale.
Se l'investimento in obbligazioni subordinate è stato fatto dai più inconsapevolmente, credo vadano valutate le responsabilità caso per caso di chi (quasi sempre le stesse banche emittenti) ha collocato quei prodotti, ma addossare l'onere a carico dei contribuenti e delle altre banche (come pare voglia fare il governo con quello che Padoan ha definito "intervento umanitario") finirebbe per pesare su soggetti che non hanno alcuna responsabilità per quanto accaduto (soprattutto i contribuenti).
Come ho notato in altre circostanze, nessuno di quelli che in questi giorni fanno dichiarazioni più o meno a effetto ha mai messo in discussione i veri motivi per cui le banche sono intrinsecamente fragili. Quando si tratta di aumentare i mezzi propri, si levano grida di dolore perché diminuisce l'offerta di credito. Eppure banche più patrimonializzate sono meno fragili.
Né qualcuno addita il sistema della riserva frazionaria quale principale motivo di fragilità delle banche. Eppure un sistema in cui i depositi fossero soggetti a riserva pari al 100% non avrebbe neppure bisogno di un Fondo di tutela (che, peraltro, copre solo una parte marginale del totale dei depositi, essendo quindi "scoperto" nel caso di crisi di una grande banca o del sistema intero). Ma, anche in questo caso, ci sarebbe meno offerta di credito, e a tassi di interesse più elevati.
Eppure, se si vuole che le banche non siano soggette a crisi e a contagio per calo di fiducia da parte dei depositanti, le cause di fragilità dovrebbero essere rimosse. Consentendo poi al mercato di funzionare, lasciando fallire le banche tecnicamente fallite. Perché se si sostiene che un obbligazionista subordinato non ha colpe per la crisi della banca che ha finanziato, meno ancora ne ha chi paga le tasse.
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